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Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2010 alle ore 14:02.
A darsi appuntamento per la convention del Pdl al Palazzo dei Congressi di Roma sono gli ex finiani. Questa convention é una prova di forza contro Fini? «Vi pare che serva? C'é stato un momento dopo la direzione nazionale in cui ci siamo contati e i numeri sono davanti a tutti», dice il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Ma «questa di oggi é un'altra fase. Siamo consapevoli di un passaggio politico in cui ciascuno può discutere liberamente senza astio o rancore in un quadro di unità che vogliamo assumere e mantenere». La Russa afferma: «siamo qui per tenere unito il Pdl e per renderlo più forte in italia. Questo é quello che ha deciso il congresso: fare un partito più grande». Il ministro sottolinea poi che questa convention non segna «la nascita di una nuova corrente, ma prosegue quanto stabilito dal congresso. Discutiamo di programmi e progetti perché non siamo in una caserma».
«Siamo qui per unire. È una colpa o un merito politico?», dice il ministro Altero Matteoli intervenendo alla convention del Pdl. «Nonostante la fusione di due grandi partiti noi abbiamo una grande leadership. Quanto pagherebbe la sinistra se potesse riconoscersi in un leader diverso che sia forte come il nostro?». E allora, sottolinea Matteoli, «non siamo pentiti per la nascita del Pdl. Abbiamo realizzato un fatto rivoluzionario e la destra non ha dovuto rinunciare a nulla ottenendo grandi risultati: se oggi a Roma il sindaco viene dall'Msi è possibile solo se c'è il Pdl». Poi però bacchetta Gianfranco Fini e la componente finiana del Pdl. «Non vorrei che alcuni amici si spendessero in modo insistente sulla legalità perché anche essi nascondono un complesso di inferiorità nei confronti della sinistra».
Nel Pdl «non ci sono due destre. Non ci sono una destra greve e populista e una destra legalitaria e nazionale. C'è un unico partito in cui sono confluite due storie diverse». A tentare di gettare acqua sul fuoco è il ministro dei Beni culturali e coordinatore del Pdl, Sandro Bondi. Secondo Bondi bisogna decidere «se vogliamo costruire una nostra storia insieme o costruirne un'altra in discontinuità. Io una storia che non sia in continuità con quella di Berlusconi non la seguirò mai».