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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2010 alle ore 16:40.
Pensava di mettere a tacere le polemiche chiarendo i contorni della vicenda che lo ha travolto ieri a Vedelago. Così non è stato, però. Perché la precisazione del governatore del Veneto, Luca Zaia, non ha stoppato la tempesta politica sorta attorno all'inno di Mameli scalzato domenica dal Va' pensiero all'apertura di una scuola trevigiana. «Questa storia dell'inno non cantato - ha spiegato il governatore - nasce da una falsità scritta da un giornale locale e riportata dalle agenzie. L'inno è stato cantato, come confermano quelli che erano lì e quelli del coro». Molto rumore per nulla, dunque? A giudicare dalle parole di Zaia sembrerebbe di sì, ma le polemiche non accennano a diminuire.
Anche il portavoce del ministro ha poi provato a parare i colpi diretti contro Zaia assumendosi la responsabilità dell'incidente. «Solo colpa mia, è stato un mio errore di valutazione - ha detto Giampiero Beltotto -. Zaia non ne sapeva nulla». Oggi, poi, ad alimentare ancora la querelle è intervenuto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che già ieri aveva bollato come «grave» l'episodio. «Presenterò un disegno di legge - annuncia il ministro - per disciplinare l'uso obbligatorio in determinate circostanze dell'inno nazionale. Così avremo un riferimento normativo come esiste per l'esposizione della bandiera. In questo modo elimineremo un'altra occasione di discussione». Poi La Russa ha corretto il tiro rispetto alle critiche espresse domenica all'indirizzo del Carroccio. «Sono stato accomunato a quelli che ci hanno creduto ma io sono l'unico che ha dubitato che Zaia avesse effettivamente deciso di non far suonare l'inno. Ho fatto bene perché ho scoperto che invece è stato suonato».
Un tentativo di mettere il silenziatore a possibili nuove fratture dentro il Pdl tra gli ex An e la Lega. Vero è che sull'episodio di Vedelago non si sono registrate solo le prese di posizione degli ex aennini, ma anche tra gli ex forzisti è emerso qualche maldipancia. E qualcuno, come il ministro Maurizio Sacconi, ha optato per un gesto simbolico: una cravatta blu con un piccolo tricolore che il titolare del Welfare ha indossato oggi. Una scelta non casuale, ha poi spiegato, fatta per sottolineare «il legame con valori come l'Unità d'Italia e l'inno di Mameli».