Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2010 alle ore 22:45.
Sono passati quasi due mesi dal disastro nei mari del Golfo del Messico, eppure le domande senza risposta sono ancora tante. Ieri Obama ha parlato alla nazione dallo Studio Ovale, dove dovrebbe ha spinto il Climate and Energy bill - fermo al Senato - come soluzione per andare "oltre il petrolio" e ha nominato un nuovo capo del Minerals Management Service, l'agenzia che controlla le perforazioni. Sulla falsariga dell'inchiesta di Businessweek ecco i principali quesiti (e i tentativi di risposta) ancora attuali sulla marea nera di Bp.
Il Golfo è compremesso? Le fuoriuscite di petrolio del passato servono poco per capire cosa sta succedendo nel mare dove è sprofondata la Deepwater Horizon, perché sono avvenute a profondità molto inferiori. Questa volta il greggio raggiunge con maggiore difficoltà la superficie, solo che nelle acque profonde nascono dei pennacchi di petrolio che formano dense nuvole nere. Il 6 giugno il Ceo Tony Hayward negava l'esistenza di queste nubi nere, mentre due giorni dopo il National Oceanic & Atmospheric Administration la smentiva. I biologi hanno poca esperienza con questi "pennacchi" e potrebbe essere la triste occasione per fare delle scoperte. I microbi che si nutrono di petrolio, prevedono gli scienziati, ne consumeranno gran parte, solo che nel farlo bruciano ossigeno vitale per le altre specie animali. A 21 anni di distanza dal disastro Exxon Valdez la fauna marina deve ancora tornare ai livelli precedenti.
Funzioneranno i due pozzi? La data cruciale è agosto. E' stata invocata a più riprese, quantomeno dopo ogni tentativo di chiusura della falla andato in fumo. La costruzione di due nuovi pozzi che raggiungano da sotto la perdita per chiuderla con il cemento sembra l'uovo di colombo. E' così? Se lo augura Bp, il governo americano e il mondo intero. Solo che i tempi sono tutt'altro che certi. Un tentativo simile è stato fatto in Australia e, per andare a buon fine, ha richiesto cinque tentativi. Se i due pozzi raggiungeranno quello incriminato ci vorrano comunque altre due settimane per le operazioni. A essere ottimisti.
Qualcuno finirà in prigione? Molti americani, sfiancati dalla crisi finanziaria e ora anche dall'infinita marea nera, vorrebbero vedere i colpevoli con le manette. Ma secondo Noah Hall, un professore di legge della Wayne State University di Detroit ed ex procuratore della National Wildlife Federation, in casi come questo la detenzione è «molto rara». Il primo di giugno ministro della Giustizia americano Eric Holder ha annunciato una causa civile e criminale per potenziali violazioni del clean water act e di altre leggi ambientali. Ma non ha detto contro quali aziende. Per il carcere, inoltre, devono essere dimostrate «azioni intenzionali».