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Economia Politica economica

Accolta la linea italiana sul debito

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2010 alle ore 08:00.

BRUXELLES - Più rigore nei conti pubblici, meno deficit e debiti, nuove regole e sanzioni per chi sgarra, un patto di stabilità più stringente accompagnato dal debutto di una governance economica ancora pochi mesi fa tabù inviolabile. E poi la spinta alla normalizzazione del settore finanziario a colpi di nuove norme che combinino iniezioni di trasparenza, un sistema di vigilanza più attento ed efficace, requisiti di capitale e di comportamento più incisivi e credibili.

È questo, in sintesi, il messaggio che i 27 capi di Governo dell'Unione, riuniti oggi a Bruxelles, lanceranno all'Europa dell'euro debole e della crescita smorta tra disoccupati in aumento e inflazione che rialza la testa. "Lacrime e sangue" per propiziare stabilità e tempi migliori rilanciando l'economia. La speculazione in agguato insieme alla volatilità dei mercati concentrati a saggiare la tenuta del club della moneta unica non lasciano molte alternative.
«Tutti i paesi europei hanno bisogno di bilanci solidi» ha scandito ieri sera la tedesca Angela Merkel arrivando a Bruxelles. E spendendo parole di incoraggiamento al premier Luis Zapatero: «La Spagna è sulla strada giusta». Come la Francia di Nicolas Sarkozy, che ha smentito le voci di un imminente salvataggio europeo del paese. Il suo ministro degli Esteri Bernard Kouchner ha parlato addirittura di «un vertice che segnerà il ritorno dell'Europa, ricementata da una governance economica comune». Aspettando l'altro vertice, quello del G-20 di Toronto a fine mese.

Dietro le professioni di ottimismo e volontarismo più o meno forzati, c'è il senso di urgenza imposto dai mercati e la consapevolezza generale che l'Europa così come è si è dimostrata troppo imperfetta e soprattutto inadeguata a fare i conti con se stessa e con le nuove realtà globali. Il guaio è che dietro l'apparente consenso a negoziare l'auto-riforma (richiede l'unanimità) si celano contrapposizioni di interessi strutturali e culturali.

L'Italia di Silvio Berlusconi arriva a Bruxelles minacciando il veto qualora la riforma del patto di stabilità non tenga in conto il debito aggregato invece del solito e solo debito pubblico. In tarda serata però sembrava che la sua richiesta venisse accolta. Nella bozza di conclusione infatti si faceva riferimento al «carattere sostenibile del debito». Con l'Italia ci sono la Francia e il Belgio senza il nuovo Governo. Contro Germania, Olanda (senza Governo) e Svezia. La Spagna di Zapatero vi approda estenuata da crisi e proteste popolari, onorata domani da una visita a Madrid del direttre del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, che inevitabilmente rilancia i sospetti di un salvataggio imminente.

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Tags Correlati: Angela Merkel | Belgio | Bernard Kouchner | David Cameron | Fmi | Francia | Germania | Herman Van Rompuy | Italia | José Barroso | Luis Zapatero | Nicolas Sarkozy | Politica | Silvio Berlusconi | Spagna

 

Poi ci sono Merkel e Sarkozy che si sforzano di andare d'accordo ma fanno tanta fatica e si vede: quando chiosano insieme sulla governance economica continuano a pensare cose diverse: Berlino esporta rigore e non crescita ai partner europei, Parigi sogna il contrario. Poi c'è l'inglese David Cameron al debutto con il suo doppio no all'esame preventivo delle politiche di bilancio nazionali e alla riforma dei Trattati voluta dai tedeschi. Sulle nuove regole finanziarie non condivide le ansie continentali, anzi le contesta apertamente.

Poi ci sono i paesi dell'Est, Polonia in testa, che guardano con sospetto quelli dell'Ovest nel timore di ritrovarsi marginalizzati dalla partita delle riforme. Con il nuovo Governo in Ungheria che non si capisce dove punti e quello in Slovacchia che pare si prepari a rifiutarsi di versare la propria quota nel salvataggio della Grecia come nel meccanismo europeo anti-crisi da 750 miliardi. Sullo sfondo lo scontro inter-istituzionale tra i presidenti del Consiglio Herman Van Rompuy e della Commissione Ue José Barroso, tra il Consiglio e l'europarlamento deciso a dire la sua nella fondazione della "nuova Europa". Il cui parto, comunque lo si guardi, resta assolutamente necessario ma difficilissimo. Verrebbe da dire impossibile.

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