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La libertà d'impresa passa dalla nuova Carta per l'economia, cha cambia la Costituzione

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2010 alle ore 08:02.

ROMA - Nello scenario globale l'Italia ha davanti a sé l'alternativa «tra declino e sviluppo». Se si vuole il declino, «basta lasciare le cose come stanno». Se al contrario si persegue l'obiettivo dello sviluppo, occorre «scaricare una parte della zavorra». Parte da questa premessa, contenuta nella relazione esplicativa, lo schema di disegno di legge costituzionale in materia di libertà d'impresa, che affronta oggi l'esame preliminare il Consiglio dei ministri. Due nuovi commi da aggiungere all'articolo 41 della Costituzione, per sancire il principio che la Repubblica promuove il valore della responsabilità personale in «materia di attività economica non finanziaria». Vi si aggiunge l'ulteriore principio in base al quale gli interventi regolatori dello stato, delle regioni e degli enti locali che riguardano le attività economiche e sociali «si informano al controllo ex post».

Quanto all'articolo 118, lo schema di disegno di legge costituzionale inserisce direttamente nella Carta il riconoscimento da parte dello stato, delle regioni ed enti locali dell'istituto della «segnalazione di inizio attività» e quello dell'autocertificazione. Verrebbe in sostanza sancito e reso solenne in un testo dal rango costituzionale il passaggio al controllo ex post, al principio di responsabilità e all'autocertificazione.

Dall'ambito di applicazione del nuovo istituto della segnalazione di inizio attività sono escluse le fattispecie sottoposte al codice penale o che derivano dall'attuazione delle direttive comunitarie o internazionali. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge costituzionale, sia lo stato che gli enti locali dovranno provvedere ad adeguare le rispettive normative in materia urbanistica «in modo che le restrizioni del diritto di iniziativa economica siano limitate allo stretto necessario per salvaguardare altri valori costituzionali».

Entro tre mesi dovrà essere reso pubblico l'elenco dei casi «che escono dal campo di applicazione» della nuova normativa. La mancata pubblicazione, «salvo che riguardo alle leggi penali che prevedono fattispecie di delitto e alle normative internazionali, vale a salvare la buona fede di chi ha intrapreso un'attività economica e sociale».

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Prende dunque formalmente avvio il pacchetto di misure a favore della libertà di impresa, annunciato nei giorni scorsi dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. La prima fase è affidata al disegno di legge ordinario. Il timing prevede che la «segnalazione di inizio attività» sia affiancata dalla nuova disciplina dello sportello unico. La seconda fase è consegnata alle nuove norme costituzionali. «Il mondo è radicalmente cambiato con la globalizzazione. La competizione, non solo tra imprese ma fra interi sistemi, fa ormai parte della realtà», si legge nella relazione. La premessa è che le regole giuste «sono un investimento», mentre quelle sbagliate «sono un costo». Possono essere sbagliate in sé, «ma anche perché sono troppe».

Un grafico allegato al ddl mostra che le pagine totali della Gazzetta ufficiale nel 2009 sono state 15.923, per 4,7 chilometri di lunghezza e 993 metri quadri di superficie. Segue l'impietoso elenco dei giorni che occorrono per i vari adempimenti amministrativi e il numero di amministrazioni coinvolte. La posizione dell'Italia nella classifica internazionale relativa alla «facilità di fare impresa» è assai poco incoraggiante: il 78° posto.
Si è scelta la strada della semplificazione, non quella dell'abrogazione e della delegificazione, nella convinzione che per liberarsi dalla «manomorta esercitata dalle burocrazie» sia necessaria una «rivoluzione mirata a liberare l'economia reale dalla manomorta statale».

Quanti ai tempi inevitabilmente lunghi del percorso di revisione costituzionale, nella relazione si ricorda che la legge costituzionale istitutiva della bicamerale D'Alema «è stata approvata in quattro mesi».
Dall'opposizione giunge un invito al governo perché si limiti a seguire la strada della legge ordinaria. «Se proprio non riesce ad accettare le nostre proposte – osserva Michele Ventura, vicepresidente vicario del gruppo del Pd alla Camera – il consiglio dei ministri potrebbe occuparsi di proporre una sua legge per la semplificazione». Al contrario, si perde tempo «a ciarlare di inutili manomissioni della carta. L'articolo 41, tra l'altro, è importantissimo e ha garantito nella storia della Repubblica, la libertà e i valori sociali dell'impresa».

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