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Il giudice della strage di Ustica: «Ora la Francia può abbattere il muro di gomma»

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2010 alle ore 12:06.

«Ustica: qui sait, doit parler», Ustica, chi sa parli. Questo è l'appello che l'emittente bolognese Radio Città del Capo (circuito di Radio popolare) ha voluto lanciare in occasione del 30esimo anniversario della strage di Ustica con una campagna pubblicitaria sui giornali francesi. Proprio oggi, mentre si è accesa una polemica sulle dichiarazioni del sottosegretario Carlo Giovanardi, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato a Daria Bonfietti, presidente dell'associazione dei parenti delle vittime della strage in cui morirono 81 persone, ha ricordato che i processi sin qui svolti non hanno fatto luce.

Cosa avvenne nei cieli d'Italia quella sera del 27 giugno 1980? Cosa provocò l'inabissamento del Dc9 della compagnia Itavia a largo dell'isola siciliana? Chi è il responsabile della morte delle 81 persone (77 passeggeri e quattro membri dell'equipaggio) che erano a bordo? C'era un bomba all'interno dell'aereo? Oppure lo colpì un missile? E se si, chi fu a lanciarlo? e perché? Trent'anni di inchieste giudiziarie, libri, ricostruzioni giornalistiche, depistaggi e dietrologie di vario tipo, non sono serviti a dare una risposta chiara a queste domande. Le ultime speranze di verità da parte dei familiari delle vittime sono appese all'inchiesta della procura di Roma. Che appunto guarda oltralpe.

Le indagini sono state riaperte due anni fa, dopo le dichiarazioni di Francesco Cossiga. In un'intervista a Skytg24 del 2008 il presidente emerito della Repubblica rivelò, citando i servizi segreti, che furono dei caccia della marina militare francese ad abbattere il Dc9. Parole dal notevole peso specifico, dato che all'epoca della strage quest'ultimo era presidente del Consiglio. «Il tassello mancante per la ricostruzione della verità» per Rosario Priore, il giudice istruttore che ha indagò sulla strage dal 1990 al 1999.

Incrociando le prove raccolte in 9 anni di inchiesta con i recenti sviluppi in sede giudiziaria l'ex magistrato ha delineato la sua ricostruzione nel libro intervista «Intrigo Internazionale» (edito da Chiarelettere) curato insieme al giornalista Giovanni Fasanella. Secondo la loro tesi, nella sera del 27 giugno 1980, ci fu una battaglia aerea tra Francia e Libia nei cieli italiani e il DC9 fu colpito per errore da un missile inviato da un caccia francese.

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Napolitano spiega che i processi su Ustica «non hanno fatto luce». Giovanardi innesca le polemiche

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I familiari delle vittime: «Su Ustica i primi spiragli dopo anni di silenzi»

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Partiamo dai fatti acclarati dalle indagini. «Grazie all'interpretazione dei dati radar fatta dalla Nato - spiega Priore - abbiamo potuto provare che la sera del 27 giugno 1980 sui cieli italiani c'era un intenso traffico di aerei militari a sud di Napoli. Lo ha testimoniato anche il comandante della portaerei Usa Saratoga ed è scritto negli atti dell'inchiesta».

Sempre quella sera, secondo l'interpretazione dai dati radar della Nato, e la testimonianza del generale dei Carabinieri Nicolò Bozzo, diversi caccia francesi si alzarono in volo dalla Corsica. «Chiedemmo conferma alla Francia, ma ci dissero che le attrezzature erano spente già alle cinque del pomeriggio. Una risposta decisamente sospetta dato che parliamo di radar che devono monitorare i confini nazionali». Negli atti dell'areonautica risulta poi che un volo Vip (identificato dal codice 56) partì da Tripoli diretto a Varsavia salvo poi invertire improvvisamente rotta all'altezza di Malta.

Secondo la ricostruzione del magistrato, su questo aereo viaggiava Gheddafi, all'epoca un nemico della Francia perché in guerra con l'ex colonia Ciad. Per scortare il viaggio del leader libico, due mig libici partirono, presumibilmente dalla Jugoslavia, posizionandosi sulla scia del DC9 per evitare di essere rilevati. L'aereo con a bordo Gheddafi però cambiò rotta «evidentemente avvisato dell'arrivo di jet francesi intenzionati ad abbatterlo» dice Priore. All'altezza di Ustica avvenne la battaglia. I francesi per sbaglio colpirono l'aereo dell'Itavia con un missile. Ad ulteriore sostegno di questa tesi ci sono le dichiarazioni dello stesso Gheddafi «che - ricorda Priore - in diverse occasioni disse di esser lui il vero obiettivo». Ci sono poi i resti del Mig libico scoperti sulla Sila poche settimane dopo la strage di Ustica.

È notizia di pochi giorni fa l'invio di due rogatorie in Francia e negli Stati Uniti (l'altra potenza ad avere allora una portaerei di stanza nel Tirreno) da parte dei pm romani Maria Monteleone ed Erminio Amelio. Si attendono riscontri a testimonianze sul traffico aereo militare di quella sera. La Francia - per bocca del portavoce del ministero degli Esteri francese, Bernard Valero - ha fatto sapere che è pronta a «cooperare pienamente». Non altrettanto ha fatto la Libia che pure è stata interpellata dai magistrati romani.

«Questa apertura da parte francese è importantissima» dice Priore. «Una conferma potrebbe dare il contributo decisivo all'accertamento della verità». Questa almeno è la speranza dei familiari delle vittime e del giudice che ha speso 9 anni della sua vita sulle carte dell'inchiesta. Che siano i francesi ad abbattere «Il muro di gomma» che da anni impedisce di fare chiarezza su questo mistero d'Italia?

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