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Finanza e Mercati In primo piano

Draghi: non è corretto tassare le banche prima di Basilea 3

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2010 alle ore 08:01.

TORONTO. Sul tavolo dei leader dei 20 paesi di vecchia e nuova industrializzazione, che inizieranno le loro discussioni con la cena di questa sera, ci sarà una lettera firmata da Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia e presidente del Financial stability board. Nel testo si fa il punto sul lavoro di riforma delle regole finanziarie a livello globale; ma, soprattutto, si torna a sottolineare la priorità del rafforzamento patrimoniale delle banche e della riduzione della leva finanziaria, pur con le dovute calibrazioni e la necessaria gradualità nell'entrata in vigore, che sono essenziali per non strangolare il credito e quindi la ripresa economica.

Già in occasione dell'assemblea plenaria dell'organismo che riunisce i regulators di ministeri, banche centrali e organismi omologhi della Consob dei paesi del G-20, tenutasi proprio qui a Toronto il 15 giugno scorso, Draghi aveva enunciato che i temi centrali della discussione sul questo terreno al vertice dei capi di governo sarebbero stati tre: la riforma di Basilea 2 per il settore bancario; le norme sui derivati meno controllati; le azioni da intraprendere per contenere il moral hazard dei "troppo grandi per fallire". Su quest'ultimo aspetto, in particolare, l'Fsb presenta al vertice un rapporto provvisorio dedicato proprio ai principi e alle opzioni di politica finalizzati a ridurre il rischio di azzardo morale per gli istituti finanziari rilevanti dal punto di vista sistemico (l'acronimo utilizzato nel testo è SIFI).

Quanto al tema della tassazione delle banche, che ha tratto nuovo impulso dall'iniziativa franco-anglo-tedesca in favore di un'imposta a livello globale, (mentre nel G-20 ministeriale di Busan quest'ipotesi era stata accantonata) nei suoi passati interventi, Draghi ha sempre evidenziato che, in primo luogo, la tassazione delle banche non può essere considerata come un'alternativa alle necessarie modifiche della politica di vigilanza, cioè quelle che saranno introdotte con l'accordo di Basilea 3 e quelle contenute nelle raccomandazioni dell'Fsb sulle istituzioni finanziarie di rilievo sistemico e ieri fonti dell'Fsb hanno confermato che questo è il punto di vista dei controllori del sistema finanziario.

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In secondo luogo, nelle discussioni internazionali fra regulators è stato messo in luce il fatto che una tassa sulle banche toglie risorse agli istituti creditizi e quindi non aumenta certo la loro capacità di assorbire eventuali perdite. Un altro elemento che si ricava dal dibattito internazionale fra quanti sono chiamati a vigilare sugli intermediari finanziari è la considerazione che una forma di tassazione studiata in modo appropriato può essere utile a ridurre il rischio e rafforzare l'azione della politica prudenziale. Quindi, ovunque venga prevista una tassazione sugli istituti bancari, dovrà essere disegnata e realizzata in modo tale da ridurre gli incentivi al rischio ( così comè avvenuto ad esempio con le proposte già presentate da Stati Uniti e Gran Bretagna).

Di certo, secondo Draghi e l'Fsb, sarebbe auspicabile evitare la definizione e l'attuazione di una tassazione, almeno fino a quando non siano state perfezionate norme prudenziali globali che prevedano un rafforzamento dei requisiti patrimoniali e di liquidità. Non è il caso invece di immaginare che le nuove regole in gestazione comportino un «annacquamento» per favorire le banche. Il comitato di Basilea ieri ha infatti seccamente smentito le notizie pubblicate su questo dal Financial Times. Un portavoce ha spiegato che il comitato «non ha parlato della cancellazione di una parte delle sue proposte per il rafforzamento delle riserve e per le esigenze in materia di liquidità» e ha ribadito che il comitato seguirà il processo di riforma del G-20.

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