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Il New York Times sbatte in prima pagina l'austerity che non funziona (in Irlanda)

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2010 alle ore 15:37.

Europei, attenzione: l'austerità costa cara e non è detto che funzioni. Basta guardare l'Irlanda. Il New York Times sbatte in prima pagina il mostro che ha seminato paura al G-20, l'austerità divoratrice della crescita. Dopo due anni di sacrifici, in Irlanda "la crisi è peggiorata" e "non c'è nessun segno di una rapida svolta in vista". Il quotidiano Usa racconta la storia irlandese per invitare alla prudenza l'Europa che vuole i tagli. Il servizio di Liz Alderman , "L'Irlanda paga un prezzo alto per l'austerità", apre l'edizione cartacea ed è in evidenza sulla homepage del sito web con foto di edifici abbandonati e palazzi di uffici vuoti.

La "tigre celtica" soffre. "In Irlanda, che due anni fa ha adottato misure d'austerità che altri paesi intendono seguire, la crisi è peggiorata". Un paio d'anni fa, ricorda il Nyt, un crollo economico costrinse l'Irlanda a tagliare la spesa pubblica e ad aumentare le tasse. Ora – sottolinea il quotidiano - i mercati finanziari fanno pressione sulle nazioni più avanzate perché adottino questo tipo di misure. La considerazione dominante – spiega al Nyt Alan Barrett, capo economista dell'istituto irlandese di ricerca economica e sociale - era di assicurare che ci fosse la fiducia degli investitori internazionali, così che l'Irlanda potesse continuare a prendere denaro in prestito. "Ma invece di essere premiata per le sue azioni, l'Irlanda è stata penalizzata", fa notare il New York Times. "La flessione economica è stata certamente più accentuata che se il governo avesse speso di più per mantenere la gente a lavorare. Senza denaro di stimolo, l'economia irlandese è diminuita del 7,1% lo scorso anno e rimane in recessione". Il tasso di disoccupazione supera il 13% e la percentuale dei disoccupati da oltre un anno è più che raddoppiata al 5,3%. E altri dolori sono in arrivo. "Il fatto è che non c'è un modo semplice di tagliare i deficit", ha detto in un'intervista il primo ministro irlandese Brian Cowen. "Nonostante i suoi sforzi, l'Irlanda è stata messa nella stessa ignominiosa categoria di Portogallo, Italia, Grecia e Spagna", scrive il Nyt. Dublino ora paga ben tre punti percentuali più della Germania sui suoi bond di riferimento, "in parte perché gli investitori temono che il programma d'austerità, ritardando la crescita e non avendo finora ridotto i prestiti, renda più difficile per l'Irlanda rimborsare i debiti". Altri paesi europei, tra cui Gran Bretagna e Germania, seguono le orme di Dublino.

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I leader del G-20 l'hanno messo nero su bianco, impegnandosi a fare della riduzione del deficit la principale priorità, "nonostante i moniti del presidente Obama sul fatto che troppa austerità potrebbe soffocare la ripresa globale e i moniti di alcuni economisti sulla possibilità di una flessione molto più accentuata, stile Anni Trenta". Il bilancio dell'Irlanda è passato dal surplus del 2006 e 2007 a un deficit del 14,3% del Pil l'anno scorso, "peggio della Grecia". E continua a deteriorarsi. Il suo debito un tempo "ultrabasso" potrebbe arrivare quest'anno al 77% del Pil. Secondo il New York Times, potrebbe essere "ottimistica" la previsione di una crescita del 3% entro il 2012 avanzata dal governatore della banca centrale irlandese, Patrick Honohan. Adesso il governo di Dublino punta su revival delle esportazioni per risollevare l'economia. Ma "trasformare le statistiche in posti di lavoro sarà un lavoro erculeo", commenta il quotidiano newyorchese, raccontando che molti temono una fuga di cervelli. Tra i tanti progetti rimasti a secco, un complesso di case popolari nel povero quartiere di Ballymun, vicino a Dublino. Sugli scheletri di cemento coperti di scritte, un messaggio particolarmente amaro: "Benvenuti all'inferno".


La popolarità del primo ministro Cowen è crollata e "ci si aspetta che molti elettori esprimano la loro rabbia nel voto del 2012". Il New York Times chiude con lo spauracchio della punizione elettorale, un argomento che probabilmente si augura possa fare breccia sui governi europei. Sull'austerità dell'Irlanda è ben diversa la valutazione del Wall Street Journal. "L'Irlanda beneficerà dell'euro più debole", titola il quotidiano sulla homepage del suo sito web. "L'euro più debole – si legge - potrebbe aiutare i tedeschi a vendere auto e i greci a vendere isole per vacanze, ma l'Irlanda potrebbe guadagnare di più, in parte per i legami commerciali con Uk e Usa della sua economia orientata all'export".


Nonostante l'alta disoccupazione e l'alto deficit, scrive il WSJ, gli economisti cominciano a essere meno afflitti sulle prospettive dell'Irlanda a causa della sua "unica natura di economia d'esportazione". L'export rappresenta oltre il 50% del Pil irlandese, più ancora della Germania. E mentre molti altri paesi europei vendono ai loro vicini dell'eurozona, l'Irlanda esporta gran parte dei suoi prodotti chimici, servizi business, tecnologia e alimentari verso Stati Uniti e Gran Bretagna. Fatto che "massimizza il beneficio del calo dell'euro", che dall'inizio dell'anno ha perso circa il 15% rispetto al dollaro e l'8% rispetto alla sterlina.

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