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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2010 alle ore 08:03.
CITTÀ DEL VATICANO - Il male vero, quello che è difficile da battere, è dentro la Chiesa. Nel giorno della solenne festività romana dei santi Pietro e Paolo, Benedetto XVI torna a lanciare un messaggio molto forte contro i nemici interni, quelli già più volte denunciati, in particolare nel viaggio dello scorso maggio in Portogallo.
All'indomani del duplice forte atto di governo pontificio – sulla lite Schönborn-Sodano e su Propaganda Fide – mirato a rimettere ordine tra le alte gerarchie, il Papa ha detto che il «pericolo più grave» per la Chiesa oggi non viene dalle «persecuzioni» esterne ma dal male che la «inquina» dall'interno. Non cita direttamente lo scandalo della pedofilia, durante l'omelia della messa, ma i molti conflitti aperti dallo scandalo ormai planetario degli abusi sui minori sono in cima all'agenda papale.
«Se pensiamo ai due millenni di storia della Chiesa, possiamo osservare che non sono mai mancate per i cristiani le prove, che in alcuni periodi e luoghi hanno assunto il carattere di vere e proprie persecuzioni». Queste, però - ha proseguito - malgrado le sofferenze che provocano, non costituiscono il pericolo più grave per la Chiesa. Il danno maggiore, infatti, «essa lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità, intaccando l'integrità del corpo mistico, indebolendo la sua capacità di profezia e di testimonianza, appannando la bellezza del suo volto». Benedetto XVI ha fatto cenno «ad alcuni problemi di divisioni, di incoerenze, di infedeltà al Vangelo che minacciano seriamente la Chiesa», e anche agli «atteggiamenti negativi che appartengono al mondo e che possono contagiare la comunità cristiana: egoismo, vanità, orgoglio, attaccamento al denaro, eccetera».
Parole che si riallacciano alle frequenti e anche molto recenti condanne del "carrierismo" nella Chiesa, specie alle alte sfere. Ma il Papa ha ribadito (lo ha fatto due giorni fa nel suo studio davanti ai cardinali Bertone, Sodano e Schönborn, ma tutto fa pensare che il messaggio fosse rivolto anche a Sepe, ricordando che tocca a lui dirimere eventuali conflitti) che il comando spetta ad uno solo, il successore di San Pietro: «Il ministero petrino è garanzia di libertà» per la Chiesa, nei confronti dei «poteri locali, nazionali o sovranazionali». «Questo appare evidente nel caso di Chiese segnate da persecuzioni, oppure sottoposte a ingerenze politiche o ad altre dure prove. Ma ciò non è meno rilevante nel caso di comunità che patiscono l'influenza di dottrine fuorvianti, o di tendenze ideologiche e pratiche contrarie al Vangelo».