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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2010 alle ore 17:50.
«Sono state accolte tante osservazioni formulate durante questi anni, ma talune modifiche hanno peggiorato il testo, in particolare, per quanto riguarda le indagini contro mafia e terrorismo». Questo il parere del procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, sul ddl intercettazioni, espresso nel corso di un'audizione alla Commissione Giustizia della Camera.
La norma come ora formulata, rileva Grasso, «distingue reati di mafia e terrorismo dagli altri, l'unica differenza è che per questi ultimi si parla di indizi sufficienti e non di indizi gravi, le limitazioni imposte per i delitti ordinari possono anche essere estese ai reati per la criminalità organizzata, non c'è nulla che lo esclude. Se l'intenzione del legislatore è diversa lo si dica chiaramente». Grasso ha anche rilevato che con il ddl intercettazioni «si è abrogato il punto della legge Falcone che aveva introdotto il concetto di criminalità organizzata, che comprende non solo i reati di competenza delle procure antimafia, ma anche le grandi organizzazioni criminali che non hanno caratteristiche di tipo mafioso. È un concetto che abbiamo esportato a livello internazionale e ora non possiamo abolirlo nel nostro ordinamento. Ad esempio per i reati commessi da gruppi criminali stranieri soprattutto nel Centro-Nord le intercettazioni ambientali - sottolinea Grasso - non si potranno più fare».
Per Grasso, quindi, «gli strumenti di contrasto alla criminalità organizzata sono gravemente limitati», anche sul fronte dei cosiddetti "reati-spia", quali riciclaggio, usura e spaccio di stupefacenti. «Non parliamo poi dei problemi organizzativi con la previsione del tribunale collegiale distrettuale - dice il procuratore antimafia - a cui bisognerà portare tutti gli atti di indagine per poter avere anche solo un tabulato». Grasso, infine, definisce «irrazionale» la mancata possibilità «di effettuare uno stralcio di inchiesta prima del deposito degli atti».
Il superprocuratore dice di non essere né deluso, né illuso dalla sentenza d'appello al processo Dell'Utri che ha ridotto, da nove a sette anni, la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa nei confronti del senatore forzista.«Dopo aver fatto tutto il possibile per portare avanti il contrasto alla criminalità organizzata non mi sento nè deluso, nè illuso, dalla sentenza dei giudici di Palermo su Marcello Dell'Utri (che ha detto di non pensare alle dimissioni, ndr)». E ha chiuso dicendo: «Prendo atto di ciò che è avvenuto».