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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2010 alle ore 08:53.
L'ultima modifica è del 02 luglio 2010 alle ore 08:00.
Ripubblichiamo l'editoriale del Sole 24 Ore del 2 luglio
Sarebbe bello – ammettiamo che si rischia di passare da ingenui a proporlo, ma il candore la spunta sul cinismo – che tra i leader più raziocinanti del centro-destra prevalesse a sorpresa in queste ore un'imprevista moderazione sul Ddl intercettazioni. Sarebbe bello perché il provvedimento, laddove votato controvoglia dalla Camera del Presidente Fini, messo a calendario in una stagione in cui al Transatlantico si preferiscono le spiagge e imposto a un'opinione pubblica, ostile o indifferente, rischia davvero di far solo danni.
Ripetiamo la nostra posizione: che la privacy dei cittadini vada tutelata è sacrosanto; che i giornalisti debbano essere professionisti responsabili e rispondere dei propri errori – soprattutto se compiuti in malafede con quella «reckless malice», malafede sfrenata, che a giudizio della Corte Suprema Usa annulla perfino il Primo emendamento sulla libertà di parola – è giusto (visto che la stampa chiede agli altri cittadini responsabilità degli errori).
Ma che, sulla soglia di quella che il premio Nobel per l'economia Krugman definisce sul New York Times «la terza Depressione» dopo quelle del 1873 e del 1929, l'Italia si debba lacerare su un testo raffazzonato e mal redatto, è assurdo. Ieri, parlando a Milano a un incontro della Federazione della Stampa, l'avvocato Caterina Malavenda ha demolito, passo dopo passo, un Ddl che sarà impossibile rispettare, troppo contraddittorio, che alla prova del giudizio solleverà difficoltà e caos e, infine, verrà vivisezionato dalla Corte costituzionale (da cui i dubbi, pur elargiti con garbo istituzionale, del Quirinale).
Ne vale la pena? Ieri si è protestato a Roma e in altre città (da qualche parte con rancori ed esagerazioni e deprecabili violenze verbali) e per i prossimi giorni è annunciato uno sciopero Fnsi che si potrebbe forse, più fruttuosamente, trasformare in occasione di dibattito sulla libertà di informazione.
Vale davvero la pena di lacerare un paese che, vedi la vicenda del fisco che rompe la tregua con i contribuenti dopo 150 giorni e la rissa con le regioni sulla manovra, ha davanti molte e serie ragioni di dialogo? Lo ripetiamo a tutta la maggioranza, non incaponitevi in un erroraccio. Rottamate un testo che fa solo perdere tempo e fatica al governo e al paese.