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Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2010 alle ore 08:43.
Un suo collega senatore, che chiede rigorosamente l'anonimato, ne tratteggia un ritratto scarno ma efficace. «È un tipo fichissimo e molto ruspante. Qualche volta si presenta con la camicia arruffata o spettinato. Insomma è uno che all'apparenza non classificheresti come il tipico "bilancista" perché i bilancisti ti appaiono sempre seri e un po' grigi». E, invece, lui, Antonio Azzollini, classe 1953, sbarcato a Roma dalla Puglia, non è un "bilancista" come tutti gli altri. Perché quella commissione, croce e delizia di qualsiasi esecutivo, Azzollini la guida con piglio deciso dall'inizio della legislatura. La quarta consecutiva da quando è approdato nel Pdl.
Gli annali raccontano infatti che il senatore, salito agli onori della cronaca come relatore della manovra all'esame di Palazzo Madama, si sia convertito tardivamente alla causa di Silvio Berlusconi e di Forza Italia. Qui arrivò dopo esser passato dal Pdup (partito di Unità proletaria) ai Verdi per poi trasferirsi armi e bagagli sotto le insegne del Pci-Pds. Un amore, quest'ultimo, conclusosi drammaticamente quando Azzollini decise di aderire a una giunta democristiana guidata allora da Annalisa Altomare (ex Dc). «Un tradimento», fu il verdetto dei suoi compagni di partito. Che lo espulsero senza colpo ferire.
Così Azzollini cercò casa (politica) altrove. E, dopo una brevissima esperienza con il Partito popolare, fissò definitivamente la sua residenza dentro Forza Italia aprendosi la strada verso Roma e il Parlamento. Dove il senatore non è passato inosservato.«Dispone di una discreta cultura giuridica che innesta su un mestiere di contabilità pubblica non indifferente», racconta chi lo frequenta in commissione. Insomma, Azzollini è un mago dei conti tanto che anche i suoi avversari gli riconoscono la stoffa. «Lui e Morando (senatore del Pd in commissione, ndr) si danno battaglia - osserva un esponente dell'opposizione - ma si stimano moltissimo reciprocamente».
Anche perché Azzollini ha tutto un suo modo, irresistibile a detta dei "bilancisti", per condurre le discussioni. «In molti casi smette di parlare in italiano e se ne esce con qualche proverbio pugliese all'insegna del buon senso, per provare a sdrammatizzare». Quando serve, poi, riprende i panni del tecnico, sfruttando un po' di mestiere e di eloquio, che da buon avvocato non gli manca. Così alterna detti a formulazioni tecnicistiche «in grado di mettere in difficoltà - giurano i suoi colleghi - anche presunti esperti e sottosegretari».