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Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2010 alle ore 17:58.
Da qualche mese a questa parte Larsing Ming Sawyan, è uno dei personaggi più popolari di Shillong. Quando cena al Cloud 9, quanto di più vicino ci sia in città a un locale di tendenza, non fa in tempo a ordinare il dessert che gli altri clienti gli hanno già fatto portare al tavolo una fetta di torta. Il segreto di tanto successo si chiama Shillong Lajong, la squadra di calcio che Larsing è riuscito a portare nella I-League, l'equivalente indiano della nostra Serie A.
Non era mai successo che un team proveniente dal Nord Est - una delle regioni più ricche di talenti calcistici, ma più povere del paese - giocasse nel massimo campionato. «Qui in India il football sta vivendo una stagione irripetibile», spiega Larsing in una saletta del ristorante dove possiamo chiacchierare al riparo dai tifosi. Il mondiale sudafricano ha accelerato questo processo: «Non passa giorno senza che qualche procuratore mi chiami per sottopormi un nuovo giocatore e nei locali frequentati dai giovani ormai si discute abitualmente dei risultati del Manchester United e dell'Arsenal. Tutto ciò che ruota attorno al calcio oggi suscita un interesse che fino a qualche anno fa era impensabile».
Per Larsing e i suoi ragazzi la conferma è venuta dopo poche giornate di campionato, quando lo Shillong Lajong ha siglato un contratto di sponsorizzazione con la Nokia e poi con l'Adidas. Nei mesi successivi la Panasonic ha firmato un deal con l'All India Football Federation per sponsorizzare l'intero campionato, mentre la Coca-Cola ha deciso di associare il proprio brand al rilancio del settore giovanile. Una scelta, quella del colosso di Atlanta, che potrebbe rivelarsi azzeccata. Perché è proprio sui giovani che la federazione indiana sta concentrando i propri sforzi. Al punto da pensare di riscrivere le regole del prossimo campionato per fare sì che vi prenda parte una nuova squadra, con base a Delhi, interamente composta di giocatori under 20. L'obiettivo è di creare l'ossatura della nazionale che, di qui a quattro anni, prenderà parte alle qualificazioni per i mondiali del 2018 con la speranza di portare per la prima volta il tricolore indiano sulla maggiore ribalta calcistica planetaria.
Dietro il crescente interesse per il calcio c'è lo stesso motore che poco più di un quarto di secolo fa sancì lo strapotere del cricket: la tv. Il risultato è che oggi, nonostante un giro d'affari che rimane venticinque volte più piccolo di quello del cricket, gli appassionati indiani possono seguire in diretta non solo la Premier League inglese, ma anche la Bundesliga tedesca, la Serie A italiana, la Champions League, l'Europa League.«Il business del calcio in India è in forte crescita», spiega Peter Hutton, chief operating officer di Taj Television, una piattaforma satellitare con sede a Dubai che attraverso il canale Ten Sports trasmette la Champions League in India. «L'acquisizione dei diritti tv triennali dell'English Premier League per 48 milioni di dollari e quelli dei mondiali per 43 milioni rappresentano un enorme passo in avanti per prodotti che dieci anni fa valevano meno di un milione» prosegue Hutton.