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Economia Politica economica

Alt al piano per tagliare le cause civili

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2010 alle ore 08:01.

MILANO - Con una clamorosa marcia indietro (almeno rispetto alle ambizioni) il Governo ritira il progetto di riduzione dell'arretrato nella giustizia civile. Un progressivo arretramento che, dopo la presentazione dell'emendamento mercoledì mattina, ha portato ieri allo stralcio di tutte le misure. Passaggio intermedio giovedì, un drastico ammorbidimento delle norme più contestate. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha poi spiegato in serata che le misure saranno ripresentate e arricchite in un disegno di legge e che il ritiro accoglie la richiesta del Parlamento di una riflessione più ampia.


Un esito tutto sommato sorprendente per un pacchetto di misure con il quale la Giustizia intendeva completare l'intervento avviato un anno fa sul processo civile, aggiungendo a norme procedurali valide per il presente e il futuro (soprattutto la conciliazione), un progetto indirizzato a smaltire un milione e mezzo di cause arretrate nell'arco dei prossimi tre anni.
Un passo indietro di soli tre giorni. Mercoledì il ministro della Giustizia presenta in Senato un emendamento choc alla manovra: ai capi degli uffici giudiziari viene assegnato il compito di stilare ogni anno un piano di riduzione dell'arretrato dei processi, definendo nello stesso tempo le controversie la cui trattazione è considerata prioritaria. Per queste ultime è prevista una cura d'urto, non più affidata all'autorità giudiziaria, ma a un'inedita figura, l'ausiliario (da reperire tra magistrati in pensione, avvocati, docenti, professionisti) che, in quel perimetro delle liti di trattazione urgente, potrà su invito del giudice formulare alle parti una proposta di soluzione. Il rifiuto di quest'ultima non resterà senza conseguenze perché, analogamente a quanto stabilito sul fronte della conciliazione, la parte potrà essere sanzionata sul piano economico. Le saranno cioè addebitati i costi dell'ausiliario e una somma pari al contributo unificato dovuto, in tutti i casi in cui il verdetto finale del giudice corrisponderà di fatto alla proposta avanzata e respinta.


A questo canale "sommario" per definire le controversie, si aggiungevano poi altre misure procedurali, come quella che introduceva la possibilità per il cancelliere di assumere le dichiarazioni dei testimoni e la sentenza in forma breve, con motivazioni limitate ai soli elementi di fatto e diritto determinanti. Sommate queste disposizioni a un drastico rincaro del contributo unificato per le impugnazioni e i ricorsi in Cassazione, il pacchetto Alfano aveva istantaneamente sollevato le reazioni dell'avvocatura già sul sentiero di guerra per modificare le regole sulla conciliazione operative tra un anno: un progetto da ritirare, che di fatto testimoniava la volontà di affossare la giustizia civile. Una levata di scudi che univa, per una volta, Cnf e Oua.

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Tags Correlati: Angelino Alfano | Autorità giudiziaria | Corte di Cassazione | Fininvest | Mondadori | Senato | Tribunali e organi della giustizia

 

A tutto questo si aggiungeva la sollevazione dell'opposizione che, tra le pieghe dell'emendamento, scovava la pausa di 6 mesi per le sentenze civili pendenti in appello per valutare la possibilità di ricorrere alla conciliazione. Una norma che avrebbe di fatto bloccato il processo in corso a Milano per il maxirisarcimento di 750 milioni riconosciuto in primo grado a carico di Fininvest e a vantaggio di Cir per l'affare Mondadori.
Insomma, un fuoco concentrico, al quale in un primo momento il ministero ha risposto con una versione soft delle misure presentate, cancellando l'assunzione delle testimonianze da parte del cancelliere e prevedendo l'ingresso dell'ausiliario solo su richiesta delle parti. Poi la scelta più drastica, quella dello stralcio.

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