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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2010 alle ore 18:55.
Si fa presto a dire "transizione", la parola magica che negli auspici degli Usa e della Nato dovrebbe consentire l'inizio del ritiro delle truppe alleate in Afghanistan cedendo le competenze della sicurezza alle forze locali. Sempre più spesso i rapporti realizzati sul campo cozzano con le dichiarazioni ufficiali che enfatizzano i progressi delle forze di sicurezza afghane per fotografare una realtà desolante che evidenzia come le truppe di Kabul siano ben lontane dall'essere affidabili (è di questa mattina la notizia di un attacco dei talebani al quartier generale della polizia nazionale responsabile per l'ordine pubblico a Kandahar (Afghanistan meridionale), causando la morte di tre militari e cinque civili).
Il giornale britannico Independent ha messo il dito nella piaga raccontando della crescente infiltrazione talebana tra le fila di esercito e polizia. Un recente rapporto del Pentagono cita esempi eclatanti, come quelli del comandante talebano riuscito ad arruolarsi nelle fila dell'Afghan National Army e di un comandante di polizia responsabile di numerosi attentati condotti con ordigni improvvisati contro le forze alleate. Meno di un quarto delle unità dell'esercito e di un settimo di quelle di polizia sono considerate capaci di operare in modo indipendente perché hanno ottenuto la qualifica "Capability Milestone 1" (CM1) nelle validazioni effettuate dagli alleati. I criteri utilizzati dalla Nato risulterebbero però difettosi o forse improntati a fornire dati ottimistici, con il risultato che il numero reale di truppe operative è quindi ancora minore nonostante i miliardi di dollari investiti negli ultimi anni soprattutto dagli Stati Uniti.
Un report dello US Special Inspector General for Afghanistan Reconstruction (Sigar) ha definito il sistema di formazione e valutazione delle forze afghane "inaffidabile e inconsistente" denunciando come molte unità di polizia abbiano la metà degli agenti positivi ai test sull'uso di droghe mentre interi "kandak" (battaglioni) dell'esercito hanno solo il 59 per cento degli organici previsti. La media dei militari effettivamente presenti ai reparti rispetto all'organigramma delle unità non supera il 74%, un dato che rende vano l'incremento ufficiale delle forze afghane che su 236 mila organici dichiarati (e stipendiati) disporrebbe di non più di 34 mila effettivi addestrati e in grado di condurre operazioni belliche. Un dato che non offre prospettive incoraggianti in vista dell'allargamento delle forze afghane a 300 mila effettivi entro il 2011.