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Anm: «I magistrati indagati si dimettano»

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2010 alle ore 13:28.

I magistrati coinvolti nell'inchiesta della Procura di Roma sugli appalti per l'eolico devono dimettersi. Questa la netta posizione dell'Associazione Nazionale Magistrati. «Sarebbe un segnale forte» ha detto il segretario del sindacato delle toghe Giuseppe Cascini, nel corso della riunione del Comitato direttivo centrale che ha auspicato un passo indietro da parte dei colleghi «perché la magistratura non venga danneggiata».

«Non vogliamo essere accomunati a situazioni che non ci appartengono» ha aggiunto il presidente dell'Anm, Luca Palamara. «Siamo pronti a dare risposte rapide - ha detto - per sgomberare il campo e affrontare in maniera chiara la questione morale». Palamara ha anche sottolineato la necessità di «attivare meccanismi statutari che riguardano il codice deontologico dei magistrati per poter arrivare anche a sanzionare alcuni comportamenti». «Vogliamo magistrati integri e indipendenti- ha concluso Palamara - che fanno il loro lavoro nelle aule giudiziarie».

La questione morale legata agli sviluppi dell'inchiesta sugli appalti per l'eolico e sulle pressioni ai magistrati ha provocato momenti di frizione in apertura del Plenum del Csm di oggi. Il consigliere di Magistratura democratica Livio Pepino ha rinnovato la richiesta al comitato di presidenza di calendarizzare un Plenum sull'argomento ma il vice presidente Nicola Mancino, ha bloccato il tentativo di intervento di altri consiglieri sull'argomento. «Trasmetterò immediatamente la richiesta - ha spiegato Mancino - al Capo dello Stato (che presiede il Csm ndr.) che deve dare la preventiva autorizzare sugli argomenti all'ordine del giorno del Plenum. Su questo oggi non apro alcun dibattito. Non posso mettere all'ordine del giorno questioni che all'ordine del giorno non sono previste».

Sul fronte politico il livello di tensione resta alto soprattutto sulla questione delle dimissioni del sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino, recentemente difeso dallo stesso Berlusconi. Il politico, che è anche coordinatore del Pdl in Campania, oltre ad essere coinvolto nell'inchiesta sulla nuova P3, ha ricevuto un'ordinanza di custodia cautelare in carcere alla fine del 2009 per concorso esterno in associazione mafiosa emesso dal gip Raffaele Piccirillo. La richiesta di autorizzazione a procedere tuttavia era stata «respinta dalla Camera dei Deputati il 10 dicembre 2009». L'opposizione, con la sua mozione calendarizzata in Aula per mercoledì prossimo 21 luglio, chiede che il governo invitari «Nicola Cosentino a rassegnare le dimissioni da sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze».

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Stessa richiesta, da un'altra sponda, arriva peraltro anche dal ministro dell'Interno Maroni, che ha auspicato un passo indietro anche da parte del coordinatore del Pdl Denis Verdini anche lui coinvolto nell'inchiesta. «Scajola si è dimesso senza essere indagato. Gli interessati o il loro partito devono valutare se non lasciare provochi danni al governo o al partito stesso. Noi nella Lega faremmo così» ha detto il ministro in un'intervista al Corriere della Sera.

Maroni tiene comunque a precisare che Verdini e Cosentino sono presunti innocenti. «L'iscrizione nel registro degli indagati non deve tornare a essere una condanna definitiva, come accadeva in altri tempi», dice. Tuttavia, aggiunge Maroni che nella Lega «non può succedere che uno di noi sia coinvolto in faccende simili». Sull'inchiesta in corso, il ministro dell'Interno osserva: «La P2 fu una cosa seria, qui mi sembra ci siano più ombre che sostanza».

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