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Ghedini: Berlusconi non è «Cesare». Cosentino: penso di aver chiarito. La versione dell'ex giudice Lombardi

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2010 alle ore 14:08.

«Penso di avere chiarito tutto quello che c'era da chiarire. I magistrati sono stati gentili e disponibili». Lo ha detto l'ex sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino al termine dell'interrogatorio al quale e stato sottoposto per circa quattro ore alla Procura di Roma nel'ambito delle indagini sulla cosiddetta P3. Cosentino è sotto inchiesta per associazione per delinquere finalizzata alla violazione della legge Anselmi sulla costituzione di società segrete. Gli episodi nei quali è coinvolto - ha sottolineato lo stesso Cosentino - «sono l'accelerazione dell'iter del ricorso in Cassazione presentato contro la richiesta di arresto fatta dai pm di Napoli e il tentativo di discredito dell'attuale governatore della Campania Stefano Caldoro». «Penso - ha concluso - di aver dato risposte a tutte le domande». Il parlamentare, interrogato dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal sostituto Rodolfo Sabelli, non è voluto entrare nel merito degli aspetti toccati durante l'interrogatorio. Capaldo ha solo chiarito che nel corso dell'atto istruttorio a Cosentino non sono state fatte ascoltare intercettazioni perché «queste non sono utilizzabili quando coinvolgono parlamentari».

Intanto in giornata gli esponenti del Pdl hanno spiegato la loro versione del caso Cesare. «Come era facile intuire il nome Cesare non si riferisce affatto al presidente Berlusconi. Dall'esame degli atti - così come riportato anche da alcuni quotidiani - in una intercettazione fra Carboni e Martino del 16 settembre 2009 (è un mercoledì) si legge testualmente che Cesare è a Catania e rientra sabato». Lo sottolinea in una nota Niccolò Ghedini, parlamentare del Pdl e avvocato del premier. «Si indica poi - fa osservare ancora Ghedini - che Cesare possa rientrare venerdì sera e che non sarebbe andato al congresso. Il Martino ipotizzava altresì di fare andare da lui il Cesare. Da tali indicazioni del tutto sconnesse dagli impegni del presidente Berlusconi, e da un controllo degli impegni dei suoi spostamenti tutti documentati, si è potuto acclarare che pacificamente mai Berlusconi si è recato in Catania in quella settimana. È quindi del tutto evidente - conclude - che Cesare è da individuarsi in altro soggetto e ciò fa irrimediabilmente venir meno tutte le illazioni prospettate in questi giorni»

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«Con riferimento alla vicenda del giudizio di costituzionalità relativo al cosiddetto Lodo Alfano ho tentato di interessarmi per acquisire meriti con il capo del mio partito, onorevole Silvio Berlusconi, affinché potesse ritenersi che ero in grado di arrivare anche ai giudici della Corte Costituzionale». È uno dei passi dell'interrogatorio di garanzia al quale, il 10 luglio scorso, è stato sottoposto Pasquale Lombardi, uno dei principali indagati nell'inchiesta sulla cosiddetta P3. Ammetto - si legge nel verbale redatto davanti al gip - di aver contattato «il presidente emerito Cesare Mirabelli, ma lui oramai non conta più nulla. Il giudice donna al quale si fa riferimento nella conversazione del 30 settembre 2009 è stata segnalata dal partito Pdl, ma non ne ricordo il nome».

«Confermo - dichiarava l'ex giudice tributario - gli incontri svoltisi in casa dell'onorevole Verdini ai quali hanno partecipato anche l'onorevole Dell'Utri, l'onorevole Caliendo ed il giudice Miller. Non ricordo della presenza di Martone (ex avvocato generale della Cassazione ndr). In quelle occasioni non abbiamo parlato dell' imminente giudizio di costituzionalità del cosiddetto Lodo Alfano, ma soltanto della candidatura per la presidenza della Regione Campania». «Nego - precisava Lombardi - che l'interessamento al giudizio di costituzionalità del Lodo Alfano sia stato posto in corrispettivo con i vertici del partito della candidatura dell'onorevole Cosentino».


«Dopo l'emissione dell'ordinanza di custodia cautelare (da parte dei pm di Napoli ndr) Cosentino mi ha chiesto se conoscessi qualcuno in Cassazione perché, per il 28 gennaio 2010, data fissata per la discussione del ricorso era previsto uno sciopero degli avvocati; io ho chiamato il presidente Carbone per sapere se il ricorso sarebbe stato comunque trattato». È un altro passo dell'interrogatorio di garanzia di Pasquale Lombardi del 10 luglio scorso. Rispondendo alle domane del gip, l'ex giudice tributario precisa, inoltre di non essere in grado di dire a «chi facessi riferimento quando dicevo 'lui è rimasto contento per quello che stiamo facendo per il 6. Nego tuttavia che si tratti dell'onorevole Verdini».


Alcuni magistrati chiesero a Pasquale Lombardi di interessarsi «ottenere o agevolare le rispettive nomine o incarichi direttivi». A parlarne al gip, in sede di interrogatorio di garanzia, è stato lo stesso ex giudice tributario, nella ricostruzione dell'Ansa. «Sono persone - aggiunge - con le quali ho rapporti di amicizia ultraventennale» e che «lo hanno chiesto proprio a lui perchè ho molte conoscenze e amicizie nell'ambiente politico e giudiziario. Si sa come queste nomine siano influenzate in maniera determinante dalle quattro correnti in seno all'Anm ed alla politica, che può fare tutto». «Preciso - dichiara Lombardi - che i contatti che ho avuto per sollecitare le nomine agli incarichi di cui si parla nell'ordinanza di custodia cautelare li ho intrattenuti con due consiglieri togati del Csm e con due componenti laici».
Nel corso dello stesso interrogatorio l'indagato nega di essere a conoscenza dell'attività di «dossieraggio relativa alle presunte inclinazioni sessuali dell'onorevole Caldoro»; ammette che il «Giacomino» citato in una conversazione con Alfonso Marra è Caliendo e nega di aver avuto contatti con il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino.

«Ancora oggi ci sono poteri più o meno occulti che occupano posti molto in alto nelle istituzioni e nella politica. Anche nella magistratura non sono assenti certi meccanismi. Si parla di logge massoniche, di P3, a dimostrazione che il nostro Paese non si è ancora vaccinato dalla presenza di poteri occulti». Ha detto invece il procuratore aggiunto Antonio Ingroia, oggi pomeriggio a Palermo, nell'ambito di una iniziativa per ricordare Paolo Borsellino, dopo avere parlato del ruolo avuto da certi apparati nella strage di via d'Amelio.

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