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Cornelli e Cattaneo, due modelli di giovanissimi sindaci a confronto tra pub e centri sociali

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2010 alle ore 19:56.

Chi sono le promesse di Pdl e Pd al Nord? Chi sono i giovani dirigenti politici chiamati a fare gli sforzi maggiori in questa fase? E quali obiettivi si prefiggono per i loro partiti e i loro elettori? Abbiamo incontrato alcuni di loro in un viaggio a tappe nella politica del Nord, dove la Lega resta la grande protagonista, ma alleati di governo e rivali si preparano a darle filo da torcere.

Quando era in terza media la prof. gli aveva fatto scrivere un tema per un concorso cittadino sulla Costituzione. Lui attaccò la Lega. E vinse quel concorso, ma soprattutto da lì iniziò a farsi strada la passione politica. «Fin da quando ero piccolo mi dava molto fastidio chi parlava male dei "terroni", questa idea mi scuoteva a pelle», racconta Roberto Cornelli, classe 1974, rieletto sindaco di Cormano nel giugno 2009 con il 66% dei voti, in piena debacle del centrosinistra. Un successo che lo ha portato ai vertici del Pd milanese, di cui è segretario metropolitano.

A 25 anni è stato responsabile dei giovani di Forza Italia di Pavia e a 27 del partito. Due anni dopo è diventato sindaco della città con il 54,4% dei consensi e ora deve fare i conti con lo scandalo seguito al coinvolgimento di un suo assessore, Pietro Trivi, nell'inchiesta sulla 'ndrangheta in Lombardia. Ma Alessandro Cattaneo, classe 1979, difende a spada tratta la sua città. «Se guardo i fatti e la sostanza questa amministrazione ne viene fuori come impermeabile e anche la città non ha permesso tentativi di infiltrazione. Significa che il sistema è sano».

Riqualificazione in una visione organica del territorio, non escludendo nessuno e ascolto di tutti senza essere accondiscendente, «perché la responsabilità di decisione sulle cose è mia». Questi secondo Cornelli i fattori vincenti della sua gestione amministrativa che si caratterizza anche per un rapporto tutt'altro che secondario con giovani e giovanissimi. «Nei pub della città abbiamo allestito alcuni dj set e poi c'è Altrovolume, rassegna estiva di musica e arte. Da queste proproste sono nate associazioni e iniziative di giovani per Cormano».

Essere un sindaco così giovane suscita spesso sorpresa, racconta Cattaneo, «si crea un'empatia positiva, poi però vedo che nasce un dubbio. Chi c'è dietro? È un burattino, un pupazzo di gomma? Intuisco che queste sono le domande che frullano in testa ad alcuni. Allora bisogna essere bravissimi nel trasmettere sostanza e capacità, perché il pregiudizio in un attimo si può trasformare in convinzione». 70mila residenti, 25mila studenti, a Pavia sugli spazi giovanili c'è stato un forte dibattito. «Il 5 maggio ho chiuso un centro sociale, quelli non sono spazi per giovani. Avremmo potuto creare un bell'edificio, in periferia, e mettere i giovani in un cubo. Invece penso che lo spazio dei giovani debba essere la città nella sua interezza». Così al Castello Visconteo è stata organizzata una festa delle scuole e le trenta sale comunali cittadine sono più facilmente accessibili a iniziative giovanili.

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Il Partito democratico? «Una grande intuizione - dice Cornelli - ma troppo vincolato da una serie di correnti che lo hanno reso non appetibile alle giovani generazioni». Dovrebbe «liberarsi da lacci e lacciuoli, presentarsi come un partito che sa governare questa trasformazione». Perché in questi anni è stata «limitata la possibilità di esprimere opinioni chiare su alcuni temi. E per non scontentare nessuno non si dice niente. Ma così non c'è nemmeno una proposta condivisibile e non si può costruire consenso». Invece «bisogna essere un poco più duri e uscire dall'empasse dei portati dei vecchi partiti di sinistra, nella logica sindacal-padronale. Serve una visione più dinamica sullo sviluppo economico rispetto al ruolo delle piccole e medie imprese, sul tipo di radicamente territoriale delle imprese, sul fisco e anche sui diritti civili».

Il Popolo della libertà? «È il partito dei giovani», dice Cattaneo. «Quando a 27 anni ero a capo della segreteria cittadina non mi hanno messo intorno degli anziani per tenermi d'occhio. Era una segreteria fatta da ragazzi, con la quale abbiamo ribaltato questa città». E poi «la mia candidatura è un esempio di questa attenzione ai giovani. Ho visto il presidente del Consiglio una sola volta, quando sono stato presentato come il candidato al comune di Pavia. E lui ha detto: "Meno male! Mi portassero candidati così per concorrere alle amministrazioni!". Dicano pure che siamo burattini o veline. Il mio percorso, come quello di molti amici e amiche, parte da lontano e poggia su basi solide. Abbiamo curriculum che orgogliosamente possiamo mostrare. Il resto lo decidono i cittadini».

A Milano si avvicina la sfida per le amministrative. Letizia Moratti si ripresenta e sul fronte opposto Giuliano Pisapia ha già ufficializzato la sua candidatura. Il Pd ancora nicchia. «Quella che vogliamo - chiarisce Cornelli nella sua veste di segretario metropolitano - è una figura che sappia lavorare in squadra per governare bene la città e che riesca ad allargare il consenso. Una persona che riesca a dialogare anche con chi sta fuori dai partiti e sappia convogliare tutta questa energia, spesso frammentata, in un progetto di cambiamento di Milano». Di nomi ne sono stati fatti tanti in queste settimane, ma ancora nessuno convince fino in fondo Cornelli. Vincere le elezioni 2011 è il suo primo obiettivo, tanto che se dovesse fallire potrebbe decidere di tornare a fare il docente universitario, oltre che il sindaco. «Abbiamo la possibilità di vincere davvero se riusciamo a risvegliare l'entusiasmo di tanti che si sono dedicati all'astensionismo». Cornelli è favorevole a un partito del Nord che, in alcuni casi, rappresenti gli interessi del territorio in maniera prevalente rispetto alle posizioni nazionali, «anche perché lo richiede l'Europa», ma a patto che non sia sganciato dal Pd. «Riunire il tema del federalismo, del governo delle città e dell'Europa è fondamentale per dare una visione diversa da quella leghista». E con il Carroccio niente alleanze. «La Lega è esattamente il contrario di quello che deve essere il Pd sul piano politico. Noi siamo un partito con la visione di una società aperta, inclusiva dei diritti».

Alessandro Cattaneo con la Lega ci lavora fianco a fianco tutti i giorni. Il suo vice è leghista, lo sono due assessori su dieci. Nel Carroccio «il legame con il territorio è fondamentale. E per questo sono state arruolate anche persone molto vicine ai cittadini, che si sono spese in prima persona». Ma di figure così «ce ne sono anche nel Pdl. Lo dico a voce alta: io ritengo di essere un sindaco militante. E questa è una parola che la Lega usa spesso». Certo, il movimento di Bossi «riesce a coniugare risposte chiare e nette con decisioni forti. In questo momento storico è un atteggiamento che paga. E poi ha una struttura di partito veramente efficiente ed efficace. Il Pdl ancora no».
Un sindaco, dice Cattaneo, si gioca la popolarità quasi interamente «all'80% sulle cose quotidiane, più semplici, immediate. Gli vengono chiesti ordine, pulizia, sicurezza». Ma c'è anche una parte di costruzione del progetto della città che verrà». L'obiettivo è vedere Pavia emancipata dal rapporto con Milano, talvolta di soggezione. «Dobbiamo caratterizzarci per vivibilità, fruibilità, servizi di eccellenza in fatto di strutture sanitarie e universitarie. Attorno a questo si può creare un indotto economico di piccolo artigiani, industrie biomediche, farmaceutiche, microelettroniche. E poi dobbiamo essere più bravi a venderci. Siamo una città spledida ma troppa poca gente lo sa».

Nessun leader di partito e nemmeno nessun politico puro tra le figure di riferimento di Cornelli. Ma Salvatore Veca, Massimo Cacciari, Giorgio Agamben e Giacomo Marramao. In politica ci sono stati innamoramenti e delusioni. Per Walter Veltroni, perché «è stata una parabola discendente, non dipesa solo da lui, ma si è perso l'entusiasmo nel '96. Non si è riusciti a capitalizzare». Per Massimo D'Alema, «mi è sempre piaciuto per il suo acume, ma non l'ho mai seguito nelle sue prese di posizione politiche». Il cuore batte ancora forte invece per Romano Prodi «lo so che è un po' antistorico, ma continuo a rivalutarlo. Sapeva come governare questo periodo complicatissimo dal punto di vista economico. E poi in quegli anni le condizioni del centrosinistra erano talmente incasinate che chiunque sarebbe stato sotterrato. Ma se non capiamo che la partita vera si gioca in Europa, sul piano della competizione globale, facciamo solo piccole scaramucce di paese».

La «forza trascinante» di Silvio Berlusconi è un punto di riferimento essenziale per Alessandro Cattaneo. «Ha una capacità di leadership riconosciuta unica. Riesce sempre a fare quadrato. È un esempio per noi giovani per il modo di porsi e di ottenere consenso e riconoscimento». Ma gli piace anche Nicolas Sarkozy e in generale i leader che non si sottraggono alle responsabilità, «che ci mettono la faccia e sanno compiere scelte forti, con decisione». Perché questo «è il tempo di chi sceglie. La via di mezzo, il conitnuo compromesso, il "sì ma" non paga. La Lega cresce perché ha delle posizioni chiarissime, di un'immediatezza istintiva». E il progetto veltroniano del «ma anchismo credo sia fallito forse proprio perché non si può essere tutto e il contrario di tutto».

"Saggio sulla lucidità" di Josè Saramago è il libro a cui Roberto Cornelli è più affezionato. In una città la maggior parte delle persone, quasi tutte, decidono di andare a votare scheda bianca. «E questa è una cosa che mi preoccupa moltissimo, è un rischio di involuzione della democrazia. Uno dei miei obiettivi è proprio quello di recuperare l'entusiasmo di una buona fetta di coloro che non vanno a votare». Gli piacciono pure gli scrittori che lavorano sulla città, come Paul Auster, Trilogia di New York. E «che la descrivono anche nelle sue ombre. È per questo che le città sono molto attrattive, perché sono libere e la libertà produce luce e ombre». Tra i film ha molto apprezzato "Tutto su mia madre" di Pedro Almodovar. «Mi è sembrata una grande cosa che qualcuno rimettesse al centro la vita delle persone e non i ragionamenti. Perché c'è una normalità della vita delle persone che va rispettata e accompagnata dalla politica in modo che continui ad essere normale».

Di formazione scientifica, ingegnere, Alessandro Cattaneo è legato a "La lezione di Einstein". «Esprime la sua storia personale e la parafrasa in un approccio scientifico e di metodo sulla realtà. Significa essere sempre alla ricerca di qualcosa, avere sempre un metodo scientifico. È la continua ricerca della verità la cosa che più mi anima. E poi sono un viaggiatore, giro il mondo con la tenda e lo zaino in spalla e in letteratura sono legato a "Fiesta" di Ernest Hemingway. In passato sono stato a Pamplona». Film? Predilige quelli storici, "Salvate il soldato Ryan" e "Munich" di Steven Spielberg.

La prima puntata: Il giovane glocal del Pdl che rilegge Manzoni e il tesoriere del gruppo Pd che apre alla Lega

La seconda puntata: Gozi invoca uno shock cultural-generazionale per il Pd, Fidanza (Pdl) si sente tremontiano


La terza puntata: La giovane del Pd che fa un po' autocritica e la collega del Pdl cui piace Keynes

La quarta puntata: Majorino (Pd) si prepara alla partita di Milano, Centemero (Pdl) si batte contro l'«oclocrazia»


La quinta puntata: Ronzulli e Mosca, ovvero la politica come servizio e lo spazio ai giovani visti da destra e visti da sinistra

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