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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2010 alle ore 16:33.
Parafrasando un celebre titolo di Louisa May Alcott si potrebbe dire che nel Pdl «piccole donne crescono». Anzi, per la verità, molte sono già cresciute. Al punto che un parlamentare pidiellino, ottimo conoscitore delle dinamiche di Montecitorio, non ha difficoltà ad ammettere «che il linguaggio di caserma non è una nostra esclusiva e in tempi difficili come quelli attuali le colleghe sanno combattere con la stessa lingua ben nascosta dietro un'apparente minore animosità».
Insomma, la parità l'hanno conquistata sul campo. E, mentre nel partito e in parlamento, gli uomini fanno a gara per attaccarsi ora sul coordinatore unico ora sul caso Verdini, le colleghe pidielline continuano a macinare risultati. Sedute, molto spesso, sulla riva del fiume in attesa che il cadaveri del nemico passi. Così è stato per l'agguerritissima ministra Mara Carfagna che ha portato a casa la disfatta del suo acerrimo avversario: il coordinatore campano del Pdl, Nicola Cosentino. Di lei un collega di partito, a registratore spento, fornisce un sintetico ma efficacissimo ritratto. «È molto più in gamba di quanto sembri ed è una che si pone degli obiettivi e li realizza tutti».
La grinta dunque non le difetta e lei l'ha messa tutta anche nel lancio di "Liberamente" insieme alle colleghe Stefania Prestigiacomo e Mariastella Gelmini. La prima è la veterana del trio, una che, per dirla con un collega di partito, «dietro l'aspetto gentile e cortese, nasconde il carattere di una tigre». Di cui ha dato prova anche negli ultimi giorni difendendo a spada tratta la bandiera della legalità contro le critiche di Gianfranco Fini. Che pure si avvicinò moltissimo a lei qualche anno fa tanto da alimentare i gossip parlamentari che ipotizzarono una liasion tra i due. «Stefania - racconta un esponente del Pdl che la conosce bene - è una tosta che si è battuta come un coccodrillo in mezzo agli squali siciliani».
Perché, va detto, molte donne del Pdl non sono delle parvenu della politica. Non lo è per esempio Beatrice Lorenzin che si è fatta le ossa sul territorio laziale, prima come consigliere comunale al Campidoglio poi nel difficilissimo ruolo di coordinatrice regionale del partito. Un percorso molto simile a quello della Gelmini. Che, partita da Desenzano del Garda, è arrivata alla guida del dicastero forse più difficile dell'intero esecutivo. Mariastella non è una che si tira indietro davanti alle sfide. Il Cavaliere lo sa bene e forse anche per questo aveva pensato a lei, raccontano i rumors di palazzo, come coordinatore unico nel tentativo di rilanciare il partito.