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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2010 alle ore 13:06.
«Si tratta di una decisione sofferta e di un dolore enorme».Il giorno dopo le dimissioni dalla guida del Credito Cooperativo Fiorentino, di cui Bankitalia ha proposto il commissariamento al ministro dell'Economia, il coordinatore del Pdl Denis Verdini è tornato sulla scelta di fare un passo indietro. Intanto la procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati anche il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, cui viene contestatala violazione della legge Anselmi sulle società segrete sempre nell'ambito dell'inchiesta sulla P3.
A difesa del sottosegretario è sceso in campo il premier Silvio Berlusconi che ha incontrato Caliendo e gli ha espresso «la più ampia solidarietà« invitandolo a continuare il lavoro con l'impegno fin qui profuso. Nel pomeriggio, poi, il sottosegretario aveva incassato anche l'appoggio del guardasigilli, Angelino Alfano, che gli aveva rinnovato «fiducia e solidarietà».
L'interrogatorio del coordinatore del Pdl è durato ieri nove ore. Ascoltato dai pm della procura di Roma nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti per gli impianti dell'eolico in Sardegna e sulla cosiddetta P3, la società segreta che, secondo le motivazioni del Riesame che ha negato la scarcerazione a Flavio Carboni e Pasquale Lombardi, «è in grado di interferire con le scelte delle istituzioni». Verdini era entrato ieri nella stanza del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo alle 15, con i suoi avvocati Marco Rocchi e Franco Coppi, ne è uscito a mezzanotte.
Verdini è indagato con Marcello dell'Utri, Flavio Carboni e Massimo Lombardi per violazione della legge Anselmi. Dell'Utri è stato convocato oggi dai pm romani, ma si è avvalso della facoltà di non rispondere. «A Palermo 15 anni fa - ha detto l'esponente del Pdl - ho parlato 17 ore e sono stato rinviato a giudizio sulla base delle mie dichiarazioni. Ho imparato da allora». Nessuna dichiarazione, dunque, davanti al procuratore aggiunto della capitale, Giancarlo Capaldo, e al pm Rodolfo Sabelli. «È una mia regola fissa - ha spiegato dell'Utri lasciando piazzale Clodio -. Non avendo parlato con i procuratori non mi sembra il caso di farlo con la stampa. È una regola fondamentale per chi è indagato, la consiglio a tutti». Secondo i pm capitolini, poi, nel gruppo che faceva capo a Flavio Carboni, il ruolo di Marcello Dell'Utri, sotto il profilo politico, sarebbe stato superiore a quello di Denis Verdini.