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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2010 alle ore 16:26.
DETROIT - Le ola delle tute blu, come allo stadio. La musica del Boss, Born in the Usa. Ma anche dei più docili, ed europei, Coldplay. L'accoglienza per il presidente americano Barack Obama nella fabbrica di Jefferson North, dove la Chrysler di Sergio Marchionne produce la Jeep Grand Cherokee, è da rock star. «È la prima macchina nuova che ho comprato in vita mia», ha svelato il presidente sapendo di stuzzicare l'orgoglio dei millecinquecento operai iscritti allo storico sindacato di categoria Uaw sistemati al centro del grande complesso. «Sergio, grazie davvero per il lavoro che hai fatto qui», ha detto Obama a Marchionne.
Obama e Marchionne. Le due star della giornata. I dipendenti hanno fatto la fila per una foto con l'uno e con l'altro. In maniche di camicia il primo. Col pullover blu d'ordinanza il secondo. Un anno fa Chrysler era in bancarotta. Ora i due annunciano che il piano elaborato da Marchionne, finanziato da Obama e approvato dai sindacati sta funzionando. A Jefferson North, è stato aggiunto un secondo turno, quando solitamente in estate la produzione scende. Mille e cento persone sono state assunte per produrre la nuova Grand Cherokee 2011 («la migliore vettura mai prodotta da Chrysler», secondo Marchionne). Lo stabilimento di Sterling Heights, che avrebbe dovuto chiudere nel 2012, resterà aperto e nei primi mesi dell'anno assumerà 900 persone. Chrysler produce utile operativo (il secondo sarà annunciato il 9 agosto). Si comincia a parlare di quotazione in Borsa. Il debito con il governo inizia a essere ripagato.
«Non so se da questa giornata arrivi un messaggio per Pomigliano - ha detto Marchionne ai giornalisti al termine del discorso del presidente - Penso sia un riconoscimento che ci potevano essere giorni peggiori. Per arrivare a questo punto era necessario ripartire da zero e ristrutturare. In questa ristrutturazione è stato importante il ruolo del governo americano». In Italia, ha aggiunto Marchionne, «Fiat rappresenta diverse cose: le nostre responsabilità vanno al di là di quelle di una casa automobilistica. Nel contesto italiano, Fiat svolge il ruolo che qui invece ha il governo. È questo lo spirito di Fabbrica Italia. Spero che la gente impegnata in questa discussione riconosca il ruolo che stiamo giocando. Il resto del mondo vede l'industria automobilistica in modo diverso. Noi non possiamo essere diversi, particolari, chiedere ogni giorno un trattamento speciale. Il mondo è piatto, dobbiamo riconoscerlo. È una grande, grandissima, scommessa. Spero che il paese sia all'altezza».