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Questo articolo è stato pubblicato il 31 luglio 2010 alle ore 08:03.
Nemmeno il tempo di scaldarsi ai bordi del campo. Perché la prima vera sfida tra le truppe berlusconiane e quelle finiane è già dietro l'angolo e potrebbe scattare martedì mattina nell'aula di Montecitorio attorno alla mozione di sfiducia contro il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo.
La decisione non è stata ancora assunta e dovrà essere presa, lunedì alle 17, da una nuova capigruppo. Cui spetterà stabilire come proseguire i lavori dell'aula per licenziare i due decreti (Tirrenia e collegato energia) che dovevano essere approvati ieri dalla Camera. Così invece non è stato perché Pdl e Lega hanno fatto passare la richiesta di invertire l'ordine del giorno dei lavori dell'assemblea. Anticipando la discussione generale sul ddl intercettazioni, contrariamente a quanto deciso dalla capigruppo del giorno prima. Che aveva invece stabilito di dare priorità al voto sui due decreti legge in scadenza.
Così, malgrado la resistenza delle opposizioni («è stato un atto di arroganza», ha tuonato l'ex pm Antonio Di Pietro), la richiesta di inversione è stata approvata e si è avuto un primo assaggio di quanto il neonato gruppo finiano potrà essere decisivo. Visto e considerato che i 33 sì di "Futuro e libertà per l'Italia" sono risultati cruciali per far passare la linea della maggioranza, approvata poi con 22 voti di scarto.
Il possibile voto di martedì rischia però di avere un peso politico decisamente superiore. Pd e Idv hanno già fatto sapere che chiederanno la calendarizzazione del provvedimento se la Camera proseguirà i suoi lavori anche la prossima settimana. E il sì alla richiesta è quasi scontato, come ha ricordato ieri il capogruppo alla Camera del Pd, Dario Franceschini. «Se vogliono portare in aula i due decreti dovranno accettare il voto sulla mozione - spiega l'esponente dei democratici -. È un nostro diritto in base al regolamento della Camera, come ha correttamente riconosciuto, dopo la nostra richiesta alla capigruppo di oggi (ieri per chi legge, ndr), il presidente Fini».
Il Pd aveva infatti chiesto di calendarizzare la mozione per luglio, ma non aveva potuto farlo avendo esaurito la quota del 20% di "tempi" riservati all'opposizione. In agosto, ovviamente, si riparte da zero e lo stesso Fini avrebbe riconosciuto ieri nella capigruppo che la calendarizzazione «è un atto dovuto».