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Il pericolo è la deflazione Frenata cinese salutare

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2010 alle ore 08:04.

Fino a pochi giorni fa, era opinione comune che Usa e Asia stessero lentamente portando il mondo fuori dalla recessione mentre l'Europa era al traino. Alcuni dati nelle ultime due settimane sembrano aver rovesciato questa visione: ora l'Europa e l'euro sono diventati i beniamini dei mercati, mentre Usa e Cina all'improvviso sembrano soffrire di problemi strutturali.
È sempre pericoloso basarsi su dati settimanali o mensili che contengono moltissime variazioni temporanee. Ma questo improvviso, radicale cambiamento di visione sull'economia mondiale è esagerato.

Il pessimismo sugli Usa deriva principalmente da dati deludenti sul settore edilizio e sul Pil trimestrale. Ma il settore edilizio è difficile da valutare dopo la fine degli incentivi che avevano drogato il mercato fino ad aprile. E il tasso di crescita del Pil nel secondo trimestre, caduto dal 3,7% nel primo al 2,4%, è solo di un decimo di punto sotto la previsione mediana del 2,5 per cento: dunque non c'è stata praticamente alcuna sorpresa. Alcuni indicatori più utili per guardare al futuro sono invece sorprendentemente positivi: gli ordini di beni durevoli da parte dell'industria; gli indicatori dell'attività industriale in zone specifiche come Chicago e Philadelphia; la crescita dell'investimento in equipment e software del 22% (l'aumento più forte dal 1997); e il dato di ieri sull'indice di attività industriale rilasciato dall'Ism.

L'altra notizia apparentemente negativa viene dalla Cina: l'indice di ordini industriali è al suo livello più basso dal febbraio 2009. Ma questa è in realtà una buona notizia: questo raffreddamento è esattamente ciò che la stretta creditizia attuata qualche tempo fa intendeva ottenere. Il dato allevierà i timori di una bolla cinese, ed è perfettamente consistente con una crescita del Pil superiore al 10 per cento.

Le notizie positive sarebbero concentrate in Europa: le banche e il debito sovrano improvvisamente non destano più preoccupazioni, la fiducia dei consumatori è al massimo dal marzo 2008, e le previsioni di crescita sono in salita. Tuttavia, si potrebbe obiettare che non ci sono molti dati oggettivi dietro questo cambiamento di umore, eccetto per quanto riguarda la Germania e in parte la Gran Bretagna. La fiducia dei consumatori in paesi cruciali come Portogallo, Spagna e Francia è in realtà ai livelli minimi di quest'anno.

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Tags Correlati: Asia | Europa | Ism | Mercato del lavoro | Stati Uniti d'America

 

Il quadro macroeconomico resta dunque, come si usa dire, "confuso". Tra i tanti elementi di incertezza, ve ne sono due che giocheranno un ruolo fondamentale nei mesi a venire. Finché il tasso di disoccupazione Usa continua a rimanere alto, è difficile pensare ad una stabile ripresa dei consumi e del settore edilizio in quel paese; e poiché i consumi rappresentano i due terzi dell'economia più grande del mondo, è difficile anche immaginare una duratura ripresa Usa e mondiale. Il puzzle è che le richieste di lavoro da parte delle aziende sono a livelli record, e questo dovrebbe accompagnarsi ad una forte caduta della disoccupazione. Ciò non sta avvenendo perché le aziende cercano persone con livelli di istruzione superiori a quelle offerte da gran parte dei disoccupati. Questo mismatch tra le skills domandate e offerte nel mercato del lavoro potrebbe segnalare che ci vorrà tempo perché il tasso di disoccupazione Usa scenda quanto ci si aspetterebbe.

La seconda grande incognita è il timore di una deflazione. Il tasso di crescita dei prezzi al consumo è vicino allo 0, un numero pericoloso perché nessuno sa bene cosa fare in una situazione di deflazione, come insegna l'esperienza del Giappone. Per alcuni il problema è una mancanza di domanda aggregata, che verrà ulteriormente aggravata dalla progressiva ritirata degli incentivi fiscali nei paesi occidentali; per altri l'austerità invece stimolerà la crescita. Al di là della disparità di vedute fra economisti, c'è un segnale molto chiaro di quanta incertezza graviti intorno a queste misure. Poche settimane fa, i mercati finanziari reclamavano a gran voce austerità fiscale da tutti i paesi europei; tuttavia, in questi giorni, parte del rimanente pessimismo è dovuto al fatto che molti centri studi di banche e altre istituzioni finanziarie prevedono un impatto negativo sulla crescita dall'applicazione dei programmi di austerità; mentre parte del rinnovato ottimismo è dovuto al fatto che certi programmi di austerità, soprattutto quello tedesco, sembrano incontrare difficoltà nei parlamenti.

roberto.perotti@unibocconi.it

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