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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2010 alle ore 19:05.
La crescita dell'economia conta più della capacità di tenere in ordine i conti pubblici. In molti giudicherebbero azzardata scommessa di Viktor Orban. Il premier ungherese ha sacrificato 20 miliardi di dollari di finanziamenti da Unione europea e Fondo monetario internazionale, sull'altare del suo ambizioso piano di rilancio dell'economia, che prevede tra l'altro un'aliquota unica sui redditi, la «flat tax», al 16%, sostegno alle piccole imprese e forti tasse sulle banche.
Era la fine del 2008, il periodo del crack Lehman e del gran terremoto nelle Borse di tutto il mondo, quando il precedente governo socialista si trovò a corto di fondi per ripagare il debito in scadenza. Gli vennero in aiuto il Fondo monetario internazionale e l'Unione europea che concordarono un piano di aiuto da 20 miliardi di dollari. Proprio nelle scorse settimane il nuovo governo di centro destra avrebbe dovuto concordarne il rinnovo in scadenza ad ottobre. Ma di fronte alle richieste di maggiore rigore sui conti pubblici, Budapest ha risposto «nics». «L'Ungheria vuole riguadagnare la propria sovranità nazionale», ha detto Orban e per uscire dalla crisi può farecela da sola.
Paradossale è che a dire questo sia lo stesso governo che qualche mese fa, per bocca del portavoce del primo ministro aveva detto che «non è esagerato ipotizzare di essere a rischio default», salvo poi fare improvvisamente dietrofront. Parole che avevano fatto tremare i mercati e impennare di 100 punti base in un sol giorno i credit default swap sul debito ungherese.
Il primo ministro Victor Orban ha assicurato che riuscirà nell'obiettivo di tenere sotto controllo il deficit. Ma intanto le agenzie di rating hanno minacciato di tagliare ulterioremente il già poco esaltante giudizio sul debito di Budapest. Standard & Poor's, che già gli assegna un poco lusinghiero BB-, ha detto che potrebbe bollare le obbligazioni ungheresi come «junk», spazzatura.
Nonostante questi allarmi però il tesoro ungherese è riuscito comunque a piazzare la scorsa settimana 57,5 miliardi di fiorini (263,8 milioni di dollari) di bond. Per i decennali è stato offerto un rendimento appena sopra il 7%. Alto, ma comunque inferiore alla media per i titoli a lunga scandenza. La sorpresa ha fatto sicuramente piacere al governo ungherese che, rifiutando gli aiuti del Fmi, ha scommesso sulla propria capacità di raccogliere credito sul mercato obbligazionario. Su questo occorre riflettere soprattutto alla luce del fatto che, nei primi sei mesi dell'anno, il Tesoro ha venduto bond per circa 340 miliardi di fiorini, esattamente il doppio di quanto aveva programmato di piazzare all'inizio dell'anno.