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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2010 alle ore 19:18.
Il giudice del lavoro di Melfi ha reintegrato i tre operai della Fiat-Sata, licenziati a luglio per un presunto «sabotaggio della produzione». Contro il provvedimento nei confronti di Antonio Lamorte, Giovanni Barozzino (delegati della Fiom) e Marco Pignatelli (iscritto Fiom) aveva fatto ricorso l'organizzazione sindacale della Cgil per comportamento antisindacale. Secondo l'azienda, durante lo sciopero del 6 luglio scorso, i tre avevano bloccato alcuni carrelli che trasportavano componenti provocando, così, il fermo della catena di montaggio.
Per confutare le accuse dell'azienda la Fiom ha citato nel ricorso oltre 40 testimoni, presenti in fabbrica, di cui cinque sono stati sentiti dal giudice che oggi ha depositato il decreto con il quale dichiara l'antisindacalità del provvedimento disciplinare e ordina all'azienda l'immediato reintegro dei lavoratori nel posto di lavoro.
Grande soddisfazione è stata espressa dal segretario generale della Fiom, Maurizio Landini che ora chiede di riaprire «un confronto alla pari». Secondo il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, il provvedimento «è una magra soddisfazione» perchè si poteva evitare «di mettere a ferro è fuoco lo stabilimento, dissuadendo così il Lingotto a produrre la monovolume L0 nel sito: lo stesso risultato si poteva ottenere andando subito dal giudice».
Per il leader della Fim-Cisl Giuseppe Farina invece «serve investire di più sulla partecipazione e su nuovi rapporti sindacali che sono ormai troppo tradizionali» e «questo estremismo della Fiat è una reazione all'estremismo di quel sindacato che ha voluto politicizzare ed estremizzare il confronto sul progetto industriale del Lingotto». L'Ugl sottolinea che si tratta di «una notizia positiva per il sindacato e per tutti i lavoratori». Lo afferma il segretario nazionale dell'Ugl Metalmeccanici, Antonio D'Anolfo, per il quale «di fronte a questo episodio Fiat dovrebbe cambiare l'atteggiamento assunto negli ultimi tempi». Infine secondo il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, la decisione dimostra che «l'azienda aveva completamente torto e che i licenziamenti avevano carattere esclusivamente repressivo e intimidatorio».
Le motivazioni del reintegro.