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Questo articolo è stato pubblicato il 11 agosto 2010 alle ore 16:27.
La Fifa ha aperto un'inchiesta sulle presunte torture inflitte ai giocatori della Corea del Nord al ritorno dai Mondiali, come punizione per aver perso tutte e tre le partite del loro girone. L'allenatore della nazionale asiatica, Kim Jong-hun, sarebbe stato condannato ai lavori forzati, secondo alcune fonti tra cui Radio Free Asia.
«Abbiamo mandato una lettera alla federazione (nordcoreana) - ha detto il presidente della Federazione internazionale, Joseph Blatter - per verificare se rispondano al vero le accuse fatte dai media, secondo cui l'allenatore e alcuni giocatori sarebbero stati condannati e puniti. Questo è il primo passo, vedremo come risponderanno».
La Corea del Nord, che partecipava per la seconda volta ai Mondiali, in Sudafrica era stata sconfitta 2-1 dal Brasile all'esordio, poi era stata umiliata 7-0 dal Portogallo e battuta 3-0 dalla Costa d'Avorio.
L'inchiesta della Fifa, ha spiegato Blatter, è stata aperta dopo che un componente sudcoreano del comitato esecutivo, Chung Mong-joon, ha portato nuove informazioni sull'argomento. Il presidente della Confederazione calcistica asiatica, Mohamed Bin Hammam, che di recente è andato in Corea del Nord, si è detto fiducioso che l'inchiesta riesca a fare chiarezza. Nel corso del suo viaggio nel Paese guidato da una dittatura comunista ha potuto incontrare alcuni giocatori, ma non ha avuto notizie dell'ex ct.
Secondo Radio Free Asia, al ritorno dal Mondiale i giocatori della Corea del Nord sarebbero stati riuniti nel Palazzo della Cultura della capitale e sottoposti per sei ore ad una «critica ideologica» davanti a circa 400 dignitari comunisti. I calciatori sarebbero stati costretti ad attaccare l'allenatore. Quest'ultimo sarebbe stato inviato ai lavori forzati per aver «tradito» Kim Jong-un, uno dei figli del dittatore Kim Jong-il.