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L'esercito iracheno vuole che gli americani restino a Baghdad per altri dieci anni

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2010 alle ore 19:38.

Sorpresa inaspettata per la Casa Bianca che si appresta, tra meno di tre settimane, a completare il ritiro delle truppe combattenti dall'Iraq. Un ritiro che lascerà a Baghdad, fino alla fine del 2011, "solo" 50 mila soldati statunitensi ma sul quale è intervenuto mercoledì il generale Babaker Zebari, capo di stato maggiore interforze iracheno definendolo «prematuro». «Se mi chiedono del ritiro, rispondo ai politici che l'esercito Usa dovrebbe restare fino a quando non saremo pronti, nel 2020», ha dichiarato la massima autorità militare irachena a margine di una conferenza al ministero della Difesa sullo stato dell'esercito iracheno.

È la prima volta che un capo militare iracheno chiede agli Usa di restare oltre la data stabilita dall'accordo bilaterale del novembre 2008 ed è probabile che l'iniziativa di Zebari irriti la classe politica di Baghdad ancora impegnata a cercare di formare un governo di coalizione dopo quasi sei messi di impasse post elettorale. Le dichiarazioni di Zebari sono state commentate a Washington nel consiglio di sicurezza convocato dal presidente Barack Obama e al quale hanno partecipato il vicepresidente, Joe Biden i segretari del Dipartimento di Stato, Hillary Clinton, e della Difesa, Robert Gates, il consigliere per la sicurezza nazionale, James Jones, il nuovo direttore dei servizi segreti, James Clapper, il direttore della Cia, Leon Panetta.

Collegati da Baghdad in videoconferenza l'ambasciatore Chris Hill e il comandante delle truppe americane, generale Ray Odierno. Il vertice ha confermato che il livello di violenza nel Paese non è tale da dover rivedere il calendario del ritiro delle truppe e il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, ha dichiarato che le forze statunitensi «stanno rispettando i tempi per terminare la missione in Iraq alla fine del mese».

Dei 92 mila militari statunitensi presenti in Iraq a inizio anno ne sono rimasti 64 mila ma tra meno di un mese ne resteranno solo 50 mila con compiti di pronto impiego e soprattutto di addestramento delle forze locali. Il generale Odierno ha più volte affermato che le forze irachene (560 mila tra militari e polizia) sono ormai in grado di affrontare la minaccia insurrezionale, di nuovo in crescita ma imitata ad azioni terroristiche e blitz di miliziani di al-Qaeda.

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Le preoccupazioni di Zebari per la partenza dei militari statunitensi non sembrano però riguardare la tenuta delle forze irachene di fronte alla minaccia interna (comunque rilevante considerato che solo ieri otto soldati iracheni e tre civili sono stati uccisi nei pressi da Baaquba da un attentato) ma soprattutto la capacità di affrontare minacce esterne. Un tema rilevante per un Paese che deve fare i conti con le infiltrazioni terroristiche dalla Siria, gli sconfinamenti turchi in Kurdistan e l'aggressività dell'ex nemico iraniano.

Le forze di Baghdad sono in effetti deboli, poco e male armate e quasi prive di addestramento per fare fronte a un conflitto convenzionale. L'aeronautica dispone solo di elicotteri e arerei da trasporto e anche se da tempo si accavallano le indiscrezioni circa l'acquisto di jet da addestramento, caccia leggeri (L-159 cechi o Amx italiani?) e cacciabombardieri (F-16 ?) per ancora molti anni la difesa dello spazio aereo nazionale dovrà essere affidata alle forze statunitensi.

La piccola marina è in fase di costituzione con pattugliatori e motovedette di origine italiana, britannica e statunitense: una forza idonea a sorvegliare i pozzi petroliferi off-shore ma che per ancora molto tempo non avrà capacità da combattimento.

L'esercito, costituito nel febbraio 2004 con 3.500 volontari per oltre la metà reclute , dispone oggi di 18 divisioni con 196 battaglioni da combattimento impiegati per lo più nella protezione di infrastrutture e in operazioni di controllo del territorio. Buona capacità offensiva hanno solo i 6 battaglioni di forze speciali, che hanno affiancato per anni gli americani nelle missioni contro i covi di al-Qaeda.

Ogni battaglione da combattimento iracheno è composto da circa 500 militari ed è affiancato da una dozzina di consiglieri militari statunitensi appartenenti ai Military Transition Teams (MiTT). Le limitate capacità belliche dipendono anche dalla scarsa disponibilità di armi pesanti. Un centinaio i carri armati presenti, tutti modello risso T-72 aggiornati con equipaggiamenti "made in Usa", ma nei giorni scorsi è arrivato al porto di Umm Qasr il primo lotto dei 140 carri Abrams forniti da Washington nell'ambito di un programma di assistenza militare del calore di 6 miliardi di dollari che comprende anche 400 veicoli da combattimento Stryker, elicotteri d'attacco e veicoli anti-Ied Couguar.

L'Iraqi Army ha conseguito la "Minimum Essential Capability" ma non avrà capacità di difesa da minacce esterne almeno fino alla fine del 2011. A questo compito sono assegnati infatti i 50 mila militari Usa che resteranno a Baghdad per i prossimi 16 mesi anche se è evidente che, con l'uniforme o un contratto da consulenti civili, gli istruttori americani resteranno ancora per molti anni in Iraq ad affiancare e addestrare le forze locali. Forse anche oltre il 2020 auspicato dal generale Zebari

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