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Finanza e Mercati In primo piano

Troppa burocrazia: così la rivoluzione rischia il fallimento

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2010 alle ore 08:03.

Per l'ex presidente della Federal Reserve, Paul Volcker, quello del 25 giugno 2010 fu uno strano week end. Un fine settimana di silenzio. Curioso per chi, come lui, a 82 anni era abituato a parlare forte e chiaro dall'alto dei suoi due metri di statura. Il 25 giugno avrebbe dovuto essere il suo grande momento: il Congresso americano aveva finalmente raggiunto l'intesa sulla mastodontica riforma della finanza voluta dal presidente Obama. Una legge da 2.300 pagine, di cui lui era stato l'ispiratore, tanto che uno degli snodi fondamentali passerà alla storia come la «Volcker rule». Eppure, quel 25 giugno Volcker l'ha passato in sordina.

In effetti, a ben guardare, non aveva molti motivi per gioire: innanzitutto la sua «rule», quella che dovrebbe bandire la speculazione da parte delle banche commerciali, è stata annacquata dal Congresso. Inoltre Volcker deve essersi reso conto che, quando l'intera riforma entrerà in vigore, lui potrebbe avere superato gli 85 anni. Ebbene sì: dopo l'ok del Congresso bisognerà attendere più di 500 provvedimenti attuativi con tempi, per i più laboriosi, che potrebbero superare i 5 anni. Qualche analista sostiene addirittura che per vedere operativa l'intera riforma Obama bisognerà aspettare il 2022. Troppo, per un mondo finanziario che cambia di mese in mese. E troppo anche per lui, il grande vecchio della finanza.

Ecco perché Volcker, quel 25 giugno, non aveva molto da festeggiare. E con lui, probabilmente, tanti altri riformatori. Per l'altra grande rivoluzione della finanza, quella sul capitale delle banche nota come «Basilea 3», i tempi potrebbero addirittura essere biblici: stando alla tabella di marcia ufficiale, il nuovo mondo bancario dovrebbe materializzarsi non prima del 2016-2018. Nella migliore delle ipotesi, ovviamente, escludendo rinvii. Ma dato che anche Basilea 2 è slittata di due anni, per i nuovi accordi qualcuno pensa di attendere almeno un decennio. Un po' prima dovrebbe entrare in vigore la riforma dei derivati (fine 2012), quella delle Autorità europee di vigilanza (forse 2012) e quella dei principi contabili (2012). Sono però date ufficiali, che non tengono conto degli scontri con le lobby. La verità è che la nuova architettura della finanza sarà pienamente operativa tra molti anni. Nel frattempo liberi tutti, o quasi.

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Tags Correlati: Banca Mondiale | Comitato di Basilea | Crd3 | Ecofin | Europa | Financial Stability Board | Giuseppe Tomasi di Lampedusa | Jamie Dimon | Legislazione | MIT | Morgan Jp | Obama | Paul Volcker | Roy Smith | Simon Johnson | Stati Membri

 

Washington, punta avanzata delle riforme, è un caso esemplare di ritardi. La legge Obama – che regola tanti aspetti del mondo finanziario, dalle banche ai derivati – è nata dopo un parto laborioso, dopo dure battaglie in Congresso tra politici e lobbisti. Ma lo svezzamento promette di essere ancora più arduo: dovrà essere redatta, tra mille pressioni e una valanga di provvedimenti applicativi. La U.S. Chamber of Commerce ha calcolato che serviranno 533 normative emanate da enti diversi: dalla Sec alla Fed.

Le norme più rapide, in vigore in pochi mesi, prescrivono la nascita di nuovi organismi come il Fsoc (Financial Stability Oversight Commission), commissione per i rischi sistemici che riunisce tutte le authority. Quelle più lente, per cui serviranno almeno due anni, dovranno disciplinare gli aspetti più delicati della riforma. Balla il "lento" anche la «Volcker rule». Solo la Sec dovrà assumere centinaia di funzionari e aprire cinque nuovi uffici per ottemperare alle richieste della legge: in particolare quelle sulla vigilanza del mercato dei derivati. Morale: non se ne parlerà prima del 2015. Ma forse neanche prima del 2018.

Il problema è cosa potrebbe accadere nel frattempo. Se ha ragione l'amministratore delegato di Jp Morgan, Jamie Dimon, secondo cui una crisi finanziaria è all'ordine del giorno ogni cinque o sette anni, stiamo freschi: «Conoscendo i tempi dei governi per un'esecuzione efficace, siamo scoperti per otto o dieci anni», calcola Roy Smith, docente di finanza alla New York University. «Parlare del 2018 è come non fare nulla – ha accusato Simon Johnson, ex capoeconomista del Fondo monetario e ora al Mit –. Il mondo sarà cambiato più volte entro allora». Forse, dice qualcuno, sarebbe stato meglio fare piccole riforme velocemente e rendere uniformi le legislazioni internazionali, piuttosto che attendere le calende greche per costruire riforme troppo grandi e troppo burocratiche. Direbbe Giuseppe Tomasi di Lampedusa: «Cambiare tutto per non cambiare nulla».

Ma la riforma più lenta sarà Basilea 3, quella che dovrà rafforzare le banche mondiali, con più capitale e più attenzione ai rischi. Il Comitato di Basilea (formato dai 30 governatori delle principali banche centrali) sta emanando le sue pubblicazioni. Per ora solo proposte, che poi bisognerà tradurre in legge. In America tutto sta passando con la riforma Obama. In Europa, invece, l'iter è complesso. Prima il dossier viene spedito alla Commissione europea, che deve emanare le bozze di legge. Poi si passa al Parlamento di Strasburgo, che traduce le bozze in direttive. Poi i singoli stati membri devono tradurre le direttive in legge, ognuno a modo suo. Questo nel mondo perfetto. In quello reale ogni passaggio è bombardato da battaglie politiche infuocate.

Comunque qualche passo è già stato fatto. La direttiva Crd2 (che regola alcuni aspetti sul capitale delle banche e sui grandi rischi) secondo le elaborazioni di Deloitte sarà in vigore a fine anno. Entro il 2012 dovranno poi essere approvate le direttive Crd3 (che regolerà le remunerazioni dei banchieri) e Crd4 (che toccherà anche i temi della leva finanziaria, della liquidità e dei rischi di controparte). Ma fine 2012 (o meglio, gennaio 2013) è solo una tappa: da quel giorno, ammesso che non ci siano slittamenti, serviranno altri 2 o 5 anni di periodo transitorio in cui la normativa non verrà applicata. Se tutto va bene Basilea 3 entrerà in vigore non prima del 2016-2018. Ma a quel punto si solleverà un altro problema: alcune norme potranno essere applicate in modo diverso nei vari paesi. E questo, denunciano gli esperti, potrebbe falsare la concorrenza e creare più danni che benefici. Insomma, dovremo aspettare un decennio per accorgerci, forse, che si stava meglio dieci anni prima.

Nel frattempo dovrebbero però diventare realtà tante altre riforme. Per esempio quella dei derivati, la montagna da 500mila miliardi di dollari di "carta" ritenuta da molti una delle cause della crisi. Il G-20 ha convenuto che, dove possibile, i derivati dovrebbero essere standardizzati e poi quotati in Borsa o in listini elettronici. Il tutto passando attraverso le casse di compensazione e garanzia che eliminino i rischi di controparte (cioè il rischio che fallisca la banca con cui un investitore ha stipulato un contratto derivato). La data prevista per questa rivoluzione è il 2012, ma sarà così? Anche l'Isda, l'associazione Usa dei derivati, pur definendola «un grande passo in vanti», esprime «varie preoccupazioni»: tutti motivi, forse, per far slittare la grande rivoluzione.

Ma le riforme sono innumerevoli, tutte con il loro iter e le loro date di avvio. E con i relativi litigi. Doveva per esempio partire nel 2011 il nuovo assetto di vigilanza del Vecchio continente, con la nascita di tre Autorità. Ma il Parlamento europeo ha sospeso la discussione, per attendere che l'Ecofin di settembre sbrogli una matassa di non poco conto: le tre nuove autorità avranno poteri effettivi o solo di coordinamento? Le Autorità nazionali rinunceranno a un pezzo della loro attuale sovranità? Il dibattito è in corso. E l'entrata in vigore ...rinviata. Idem per i nuovi principi contabili internazionali: il G-20 ha chiesto che quelli Usa e quelli europei convergano «entro giugno 2011», scrive il Financial Stability Board. Peccato che su alcuni principi, come quello del fair value, Europa e Usa si stiano per ora muovendo in direzioni opposte. S'incontreranno mai? In futuro, ma chissà quando.

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