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Il volto oscuro di WikiLeaks

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2010 alle ore 08:06.

NEW YORK - Predica la trasparenza e il libero accesso ai documenti riservati in nome della democrazia, ma è accusato di innalzare una cortina di fumo intorno al proprio network finanziario: è il paradosso di WikiLeaks, l'organizzazione fondata da Julian Assange che ha messo in ginocchio il Pentagono pubblicando 76mila paper segreti sulla guerra in Afghanistan e minacciando di renderne noti altri 16mila ancora più scottanti.
Come si alimenta WikiLeaks? Dove trova i 160mila euro all'anno necessari per coprire le spese di affitto delle proprie sedi e quelle per la gestione e manutenzione dei server? E i costi legati ai viaggi? Come recupererà i 440mila euro euro all'anno di stipendio per i cinque uomini dello staff che alfine sta valutando di retribuire? Il Wall Street Journal di ieri si è posto queste domande, anche in considerazione dell'instabilità economica della società nel corso della sua breve storia. L'anno scorso WikiLeaks aveva denunciato la mancanza di fondi ma più tardi Assange ha dichiarato che dall'inizio del 2010 il gruppo aveva raccolto 800mila euro. E per giustificare la scarsa trasparenza della sua creatura ha detto in un'intervista che è «molto difficile gestire un'organizzazione costantemente spiata e messa sotto processo. Le decisioni di un tribunale possono avere un impatto sulle operazioni di un gruppo, non possiamo avere il nostro cash flow interamente vincolato».

Il cuore del network finanziario di WikiLeaks è una fondazione in Germania, la Wau Holland, intitolata alla memoria di un hacker morto nel 2001. Chi vuole sostenere WikiLeaks può fare un versamento a questa entità che in base alla legge tedesca non è tenuta a dichiarare i nomi dei donatori. La somma media versata è di 20 euro, la più grossa giunta alla Wau Holland è di un tedesco che ha dato 10mila euro dopo la pubblicazione dei documenti sull'Afghanistan. La macchina di WikiLeaks ha anche altri ingranaggi, volti a proteggere la riservatezza della propria attività: «Siamo registrati come una biblioteca in Australia, come una fondazione in Francia, come un giornale in Svezia», racconta lo stesso Assange. Negli Stati Uniti la società controlla due enti di beneficenza, registrati come organizzazioni non profit, esenti da obblighi fiscali e che agiscono da "testa di ponte" per il sito web. Assange non ha però rivelato i nomi delle due organizzazioni, sostenendo che avrebbero potuto «perdere parte dei loro finanziamenti».

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Tags Correlati: Afghanistan | Germania | Julian Assange | Società dell'informazione | Stati Uniti d'America | Wau Holland

 

Metà del denaro arriva da piccole donazioni online e l'altra metà da «contatti personali», osserva Assange, che includono «persone con qualche milione». La natura ondivaga delle donazioni tiene sulla corda WikiLeaks, che a un certo punto del 2009 ha addirittura sospeso le attività, lasciando online soltanto un appello per ricevere aiuti attraverso la Wau Holland. Di solito arrivano somme consistenti in coincidenza con nuove pubblicazioni di documenti. Il Pentagono ha ragione di temere.

eliana.dicaro@ilsole24ore.com

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