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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2010 alle ore 13:44.
Su Melfi «quello che ha fatto Fiat è in linea con la legge e con la prassi». A parlare, da Rimini, al meeting di Comunione e Liberazione, è la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che ha spiegato come la sentenza di reintegro dei tre operai licenziati e riammessi in fabbrica dal giudice del lavoro non rappresenti «un caso di licenziamento, ma di atteggiamento antisindacale dell'azienda». Fiat, ha aggiunto, «attenderà i prossimi giudizi, come è prassi, e per questo permette di continuare a fare attività sindacale ai tre operai».
La mattina a Melfi si era aperta con la notizia, resa nota dall'avvocato Lina Grosso, che i legali della Fiom-Cgil avevano depositato al tribunale lucano un'istanza per chiedere al giudice del lavoro di chiarire le modalità attuative del reintegro disposto con la sentenza del 9 agosto scorso per i tre lavoratori della Fiat-Sata, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli. L'avvocato Grosso, ha detto ora «di attendere una risposta da parte della magistratura».
Contestualmente, gli stessi legali Fiom hanno presentato in procura una memoria integrativa (in fatto e diritto) rispetto alla denuncia presentata l'altra sera nei confronti del Lingotto per violazione dell'articolo 650 Codice penale, relativo all'inottemperanza a provvedimenti dell'autorità.
Nel corso della giornata è arrivata anche la notizia che i lavoratori dello stabilimento di Melfi della Fiat - dove si produce la «Punto Evo» - saranno collocati in cassa integrazione dal 22 settembre all'1 ottobre prossimo. La cassa integrazione, a quanto si apprende da fonti aziendali, è stata decisa a causa della «discesa della richiesta di mercato».
Intanto, i tre operai licenziati e reintegrati dal magistrato hanno deciso, anche oggi, di presentarsi davanti ai cancelli dello stabilimento di Melfi. «Non entreremo in fabbrica ma saremo qui ogni giorno, al turno delle ore 14», hanno detto, due di loro, Giovanni Barozzino e Antonio Lamorte, che si sono detti soddisfatti per la risposta ricevuta dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano alla loro lettera. Lamorte, parlando poi con i giornalisti, ha sottolineato anche «l'importanza delle dichiarazioni del ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, sulla necessità che le sentenze dei giudici siano rispettate, anche se non piacciono».