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Bossi: avanti senza Casini, per ora niente elezioni. Bocchino: bene, velleitario sostituire Fini con Casini

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2010 alle ore 21:08.
L'ultima modifica è del 25 agosto 2010 alle ore 21:09.

Per ora non ci saranno elezioni anticipate e nemmeno apparentamenti con l'Udc di Pierferdinando Casini. Parola del leader della Lega, Umberto Bossi, che sintetizza l'incontro di oggi con Silvio Berlusconi a Villa Campari. Dove a confrontarsi sul futuro della coalizione di governo erano giunti stamane, oltre a Bossi, anche i ministri Giulio Tremonti, Roberto Calderoli e Roberto Maroni, e, per il Pdl, il coordinatore Denis Verdini e l'avvocato del premier Niccolò Ghedini.

«Si va avanti così senza Casini, senza l'Udc per realizzare il programma». Alla fine quindi la linea del Senatùr, che aveva sponsorizzato fino a ieri la necessità di andare comunque al voto per superare l'attuale impasse, passa a metà. Visto che il Cavaliere ha accettato di fare un passo indietro sui centristi, invisi al Carroccio per via del loro stop al federalismo tanto caro a Bossi e ai suoi uomini. Ma Berlusconi è riuscito comunque a imporre al suo alleato la necessità di frenare sulla strada delle urne. E il suo portavoce Paolo Bonaiuti racconta di un «premier soddisfatto». «Come sempre - aggiunge - non poteva mancare l'accordo con Bossi e la Lega».

La maggioranza, dunque, ricomincerà dalla verifica parlamentare sui cinque punti del programma definiti da Berlusconi nei giorni scorsi. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che incontrerà i suoi parlamentari il 4 settembre alla vigilia del suo discorso alla festa di Mirabello in programma il giorno dopo, preferisce non intervenire, ma filtra comunque la sua soddisfazione per la scelta di proseguire con la legislatura. E il commento ufficiale è affidato al capogruppo di Fli alla Camera, Italo Bocchino, che esclude, come aveva fatto il viceministro Adolfo Urso ieri in un colloquio con il Sole24ore.com, la nascita di un nuovo partito a Mirabello. «Le parole di Bossi - spiega Bocchino - sono più che condivisibili , non c'è ragione di andare alle elezioni anticipate. La maggioranza ha gli stessi voti della prima fiducia, solo che ora i soggetti che la formano non sono più tre ma quattro: Pdl, Fli, Lega e Mpa. È velleitario sostituire Fini con Casini».

Insomma, per ora la compagine governativa non cambia le proprie pedine. E dall'Udc arriva anche il commento del segretario Lorenzo Cesa. «Finalmente - spiega - sembra calare il sipario sul teatrino della politica alimentato nel mese di agosto dalle convulsioni del Pdl». Quanto basta per far capire che i centristi non intendono fare favori alla maggioranza e Cesa lo dice con parole chiarissime. «Niente sconti per le leggi che non servono e appoggio agli interventi necessari per il paese».

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Come dire sulla giustizia e sul resto, non ci saranno deleghe in bianco ma su ogni provvedimento sarà necessario un serio confronto. E anche dai parlamentari di Fli giunge un messaggio netto al premier. «Attorno a Gianfranco Fini - sottolinea uno dei falchi Fabio Granata - sosterremo il programma di governo voluto dalla maggioranza degli elettori, ma non cederemo a nessun compromesso sui provvedimenti che riguardano il sistema giudiziario e la difesa dello Stato di diritto e della legalità. Lo faremo da forza di destra modernizzatrice, europea e legalitaria».

Ma dentro Futuro e libertà non mancano i distinguo sul delicatissimo versante della giustizia. E se i falchi, da Granata al senatore Giuseppe Valditara, ribadiscono il "no" al processo breve, c'è anche chi, come Giuseppe Consolo, mette in guardia i suoi. «Il processo breve - ha ricordato oggi sul Riformista - è stato votato dai nostri colleghi del Senato. Non è una cosa sulla quale possiamo chiudere gli occhi. E il lodo Alfano (altro tema su cui Fli ha posto dei paletti, ndr) lo abbiamo votato, ora cosa è cambiato?». Insomma, nella pattuglia parlamentare di Fini si registra più di qualche fibrillazione. E per ora il Cavaliere e l'ex leader di An restano lontani. Come aveva profetizzato stamane, dal meeting di Rimini, anche il ministro Roberto Maroni, commentando il dibattito interno alla maggioranza. «Non sono certo che si riesca a ricomporre la situazione. Credo anche che ci sia un'operazione in corso per far fuori Berlusconi e dobbiamo capire come muoverci».

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