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La parabola di Walter Reuther, il sindacalista con vista sul futuro

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2010 alle ore 08:36.
L'ultima modifica è del 26 agosto 2010 alle ore 08:04.

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Per i sindacati dell'industria dei paesi sviluppati occidentali la crisi rappresenta un passaggio delicatissimo, un momento di trasformazione che ne scuote in profondità le radici fino a metterne in discussione le prospettive. Si disegna un assetto dell'economia globale che rischia di esautorare il ruolo del sindacato nelle aree del mondo dove la produzione industriale riduce il proprio radicamento sociale. Negli Stati Uniti questa minaccia è avvertita come la più incombente, al punto di suscitare un ripensamento radicale del modo d'essere e di operare della rappresentanza sindacale.

Ne ha parlato il 2 agosto scorso al Center for automotive research Bob King, il nuovo presidente della Union of automobile workers of America (Uaw), un tempo il più grande e forte sindacato industriale del mondo, in un discorso che sta provocando una catena di reazioni e commenti. King ha annunciato che la Uaw del XXI secolo differirà in maniera fondamentale da quella che è stata nel Novecento. Alla crisi di Detroit i lavoratori americani dell'auto hanno pagato un prezzo durissimo: hanno perso 200mila posti di lavoro e accettato decurtazioni salariali che vanno da 7mila a 30mila dollari all'anno. Il loro sindacato ne è uscito drasticamente ridimensionato: nel 1979 la Uaw contava un 1,5 milioni di iscritti; oggi sono meno di 400mila. Per questo, ha sostenuto King, la missione sindacale deve essere ripensata dalle basi. L'organizzazione dei lavoratori deve assimilare gli obiettivi di flessibilità, qualità e produttività delle imprese e smetterla di considerare il management come un avversario e un nemico e tendere invece a costruire con esso delle relazioni di partnership.

Col suo intervento King ha voluto sottolineare una discontinuità nella storia del sindacato Usa. La cura con cui è stata preparata quest'uscita la sottrae alla logica della quotidianità spicciola perché il presidente della Uaw sapeva di indurre, con quelle parole, un'ondata di reazioni - positive soprattutto negli ambienti del partito democratico, come testimonia il sostegno della governatrice del Michigan - ma anche di segno opposto, come rivelano i blog in cui si deplora lo smarrimento dello spirito sindacale originario e l'accettazione di condizioni giudicate lesive della dignità sociale degli operai.

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Consapevole della delicatezza del messaggio che ha voluto lanciare, King, proprio nel momento in cui annunciava la svolta sindacale, si è rifatto alla lezione dell'uomo-simbolo della storia della Uaw, Walter Reuther, il suo presidente più famoso e influente, di sicuro il sindacalista che ha contato di più nell'esperienza americana e ha assicurato al mondo del lavoro la più alta visibilità pubblica.

Ricordare Reuther, nel contesto della difficile transizione del sindacato d'oggi, non è soltanto un esercizio retorico, perché la sua leadership avvenne all'insegna di un cambiamento completo degli orizzonti del sindacato e delle sue personali inclinazioni politiche. Quella di Reuther costituisce infatti una figura eccezionale nella storia del sindacalismo perché ne incarna, nelle varie epoche, le diverse componenti, dall'anima militante e radicale delle origini alla capacità negoziale, senza però perdere di vista la cornice politica della società.

Figlio di un immigrato tedesco che si era stabilito in Virginia, il giovane Walter arrivò a Detroit neppure ventenne (era nato nel 1907), attratto dall'industria dell'auto che era il traguardo naturale per un operaio di alto valore professionale. Walter era padrone dei suoi utensili di lavoro, che adoperava con rara maestria. Venne assunto alla Ford, allora all'apice della potenza industriale, dove potè migliorare la propria istruzione. Avrebbe potuto far carriera, avvalendosi della professionalità e anche dei legami con la massoneria (che contava parecchio nelle fabbriche di quel tempo), ma nel clima della depressione degli anni Trenta preferì invece diventare un organizzatore sociale, attirato dai princìpi del socialismo. Fu per quegli ideali che Walter, col fratello Victor, suo fedele compagno di lotte, decise di andare in Urss, ad addestrare i lavoratori russi che stavano edificando l'ordine socialista. I fratelli Reuther vi rimasero due anni, prima di rientrare in America nel 1935, in tempo per vivere la fase più intensa delle lotte sociali.

A Detroit, il sindacato dell'automobile era agli esordi. La Uaw era gremita di militanti radicali, non discriminava gli operai di colore (che ne divennero presto una colonna portante) e organizzava scioperi e agitazioni senza temere lo scontro con le case produttrici d'auto, dove il sindacato non era mai entrato. Walter divenne presto segretario di una local, cioè di una sezione della Uaw, e visse la stagione di entusiasmo collettivo che portò a istituire la contrattazione collettiva alla General Motors nel 1937, dopo il successo dei sit-down strikes, le fermate sul posto di lavoro.

Se aveva ceduto la Gm, sembrò allora che si potesse piegare anche l'osso più duro, quell'Henry Ford che, oltre a essere il mito dell'industria mondiale, era il più risoluto ostacolo alla sindacalizzazione. Così, un giorno della fine di maggio del 1937, un gruppo di organizzatori della Uaw, fra cui Reuther, si presentò all'uscita di una fabbrica Ford per distribuire volantini agli operai e convincerli a iscriversi al sindacato. Con loro c'era un manipolo di cronisti e reporter, pronti a immortalare una giornata che poteva diventare storica. E in effetti lo divenne, ma solo perché era stata sottovalutata la determinazione di Ford. I sindacalisti furono aggrediti all'improvviso dai vigilantes di Harry Bennett (il picchiatore che era stato reclutato personalmente da Ford e da lui posto in cima alla gerarchia aziendale), i quali, armati di mazze da baseball, diedero il via a un furibondo pestaggio. Insanguinati e coi volti devastati dalle percosse, gli uomini della Uaw non subirono tuttavia una sconfitta. Quelle immagini divennero subito famose e sono rimaste nella memoria storica del movimento sindacale americano.

Alla fine, nel 1941, alla vigilia dell'entrata in guerra dell'America, anche Ford cedette al sindacato e al presidente Roosevelt, accettando il contratto collettivo di lavoro nei suoi stabilimenti. A quel punto, le Big Three di Detroit erano sindacalizzate e l'ascesa della Uaw era indubitabile. Essa era destinata a proseguire durante le fasi belliche, quando il sindacato divenne importante per far funzionare al meglio le fabbriche. Reuther, dimostrando la sua abilità di organizzatore, mise a punto un piano per migliorare la produzione di aerei militari.

La grande stagione di Walter fu però il dopoguerra. Che incominciò per lui, questa volta sì, con una sconfitta. Nell'inverno fra il 1945 e il 1946, la Uaw promosse un lungo sciopero (oltre 100 giorni) per ottenere un forte miglioramento salariale, pretendendo però che le case automobilistiche non aumentassero i prezzi finali dei loro prodotti. Era un modo per imporre una sorta di controllo sindacale sulle imprese. Ma il sindacato non la spuntò e Reuther cambiò definitivamente strada. Si convinse che, se il controllo operaio sulle fabbriche non era possibile, c'era un altro sentiero da percorrere: negoziare con le Big Three, che stavano per giungere al massimo della loro espansione, aumenti salariali continui, al passo con lo sviluppo della produzione. Non solo: oltre ai salari, si poteva ottenere dalle imprese quel welfare che lo stato americano non dispensava, cioè pensioni elevate e buona assistenza sanitaria. Il celebre "contratto di Detroit", che Reuther (divenuto presidente della Uaw) stipulò nel 1950 con le case automobilistiche, si ergeva su questi fondamenti. Ad esso si deve se, da allora in poi, gli operai Usa si sono sentiti middle class, partecipi a pieno titolo dell'onda lunga della crescita e della mobilità sociale.

Naturalmente, questo cambiamento si rifletteva nella posizione politica di Reuther, che aveva abbandonato il radicalismo politico giovanile. Il fatto che il fronte dei suoi nemici fosse vasto e che essi non arretrassero dinanzi alla violenza più estrema (fu ripetutamente vittima di attentati e nel 1948 gravemente ferito in casa propria, al punto di subire una lesione permanente a un braccio) non modificò i suoi nuovi orientamenti. Durante la guerra era diventato anticomunista e si battè per allontanare i filosovietici dalla Uaw. Negli anni 50 e 60, fu un esponente della sinistra sociale del partito democratico, nel tentativo di dare luogo a una versione americana della socialdemocrazia (come dimostrano i suoi contatti con Willy Brandt e il premier svedese Tage Erlander). Per questo, assecondò il programma di welfare del presidente Johnson, mentre partecipò alle marce dei diritti civili a fianco di Martin Luther King.

La morte colse Walter Reuther all'improvviso, in piena attività, nel 1970, quando cadde l'aereo in cui viaggiava con l'amico architetto Oscar Stonorov.

Ora la crisi ha dissolto le conquiste sociali su cui Reuther aveva poggiato l'autorità della Uaw. Ma nel percorso così atipico (e, nello stesso tempo, così americano) di questo operaio di mestiere dalla Ford alla Russia di Stalin, dalle lotte operaie di Detroit alle stanze del potere di Washington, c'è una lezione ancora significativa per il sindacato. Che deve possedere la capacità di cambiare e di adattarsi alle trasformazioni dell'economia e del lavoro, riuscendo tuttavia nel contempo a elaborare e a diffondere una propria visione sociale.

Il profilo
LA VITA

Walter Reuther nasce a Wheeling nel West Virginia l'1 settembre 1907. Suo padre, un socialista che lavora in un birrificio, è emigrato dalla Germania. In tutta la sua carriera lavorativa, Walter è sempre affiancato dai suoi due fratelli, Victor e Roy. Muore il 9 maggio 1970 in un incidente aereo, che vede coinvolti anche la moglie May, il suo amico architetto Oscar Stonorov, una guardia del corpo, il pilota e il copilota. L'aereo, partito da Detroit, stava per atterrare in una giornata di pioggia e nebbia allo scalo di Pellston di Black Lake, nel Michigan. Già un anno e mezzo prima, nell'ottobre 1968, Walter e suo fratello Victor avevano rischiato la vita mentre, su di un aereo privato, si stavano avvicinando all'aeroporto di Dulles. In entrambi gli incidenti l'altimetro ha dimostrato un cattivo funzionamento. Victor, in un'intervista successiva alla morte del fratello, ha affermato: «Io e altri membri della mia famiglia siamo convinti che il disastro che ha causato la morte di Walter e quello che stava per succedere nel 1968 non sono stati accidentali».

LA CARRIERA NELLA UNION
Reuther è assunto alla Ford a Detroit, ma a causa della Depressione lascia il posto di lavoro e con i fratelli va a lavorare in Urss, dove addestra i russi in una fabbrica di auto a Gorky. Rientra in America nel 1935. A Detroit il sindacato è agli esordi. Nel 1936 Walter diventa segretario di una sezione locale della Union of automobile workers (Uaw). Nel 1937, dopo il successo dei sit-down strikes, alla General Motors si istituisce la contrattazione collettiva. Che viene accettata alla fine del 1941 anche dalla Ford, dopo aspre lotte con il sindacato, non esenti anche da aggressioni fisiche. Tra queste la famosa "battaglia del cavalcavia" che vede coinvolto anche Walter con i picchiatori assoldati dalla Ford (Reuther fu oggetto di attentati più volte . A questo punto l'ascesa della Uaw è spianata.

IL CONTRATTO DI DETROIT
Tra i successi di Reuther, la negoziazione (da presidente Uaw) nel 1950 del contratto di Detroit con i big dell'auto, con cui l'Union inizia una nuova strategia. Se il controllo delle fabbriche non era più possibile, allora bisognava puntare sulla contrattazione dei salari legandoli ai successi aziendali. Negli anni 50 e 60 Reuther è esponente della sinistra sociale del partito democratico. La morte, nell'incidente aereo del 1970, che segue un analogo incidente di un anno prima, lo coglie in piena attività.

LE PUNTATE PRECEDENTI

Helmut Kohl, un uomo per due sogni: Europa e Germania unite (di Gianni Toniolo)

Giovanni Giolitti, «Fidatevi, vi servono unità e la Costituzione che avete» (di Miguel Gotor)

Aladino, sul tappeto volante per trovare la speranza (di Khaled Fouad Allam)

Richard Cobden, l'uomo che lottò per abolire il protezionismo inglese (di Alberto Mingardi)

Theodore Roosevelt, lo statista al servizio dei consumatori (di Luigi Zingales)

L'imperatore Nerva, che preferì il merito alla famiglia (di Alessandro de Nicola)

San Francesco d'Assisi. Attenti, il poverello ci parla ancora (di Bruno Forte)

Simone Weil -Una donna appassionata della cultura del dovere (di Elisabetta Rasy)

Johanan Ben Zakkai, il rabbino che fu capace di salvare la sua religione (di Anna Foa)

Federico Barbarossa, l'imperatore dei nuovi equilibri (di Franco Cardini)

Niccolò Machiavelli - Lo scienziato prestato alla politica (di Gabriele Pedullà)

Isacco Artom, l'uomo di Cavour e il sogno di un'Italia unita (di Franco Debenedetti)

Temistocle Martines, l'uomo che passò la vita a difendere la Costituzione (di Michele Ainis)

Riforme impopolari? Serve una lady di ferro (di Roberto Perotti)

La Cassandra di Siena che strigliava i potenti (di Alessandro Barbero)

Se il capitano Achab approda in Parlamento (di Davide Rondoni)

Quando la poesia modernizza un paese (di Franco La Cecla)

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