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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2010 alle ore 21:12.
«Tutto quello che non uccide, rende più forti». Per lo meno così affermava Friedrich Nietzsche. Chissà che cosa ne penserebbe Roger Federer . Lui che è stato re, è caduto, si è rialzato ed è nuovamente finito al tappeto. Chissà se tutte le disavventure del 2008 e del 2010 possono, in qualche modo, averlo anche fortificato. Per scoprirlo dovremo aspettare quanto meno la fine degli Us Open. Al momento, una sola cosa è certa: il torneo americano sembra essere sempre l'ultima trincea per Roger. Un titolo quasi inventato apposta perché lo svizzero possa salvare le annate storte. Andò così nel 2008 e, oggi, il torneo americano rappresenta, per lui, ancora una volta l'occasione di raddrizzare una stagione pessima. Con la mirabile eccezione degli Australian Open, per 7 lunghi mesi Federer ha collezionato un rovescio dopo l'altro. A Parigi e a Wimbledon non è neppure arrivato alle semifinali, cosa che non gli era mai accaduta nelle ultime 23 volte che aveva preso parte ad uno Slam.
Eppure, alla vigilia degli Us Open, l'elvetico è sembrato risvegliarsi dal lungo torpore. Finale a Toronto, vittoria a Cincinnati. Un buon biglietto da visita con il quale presentarsi all'ultimo dei Majors. E allora con 5 titoli consecutivi a New York e gli altri pretendenti non proprio al top della forma, è ancora una volta lui l'uomo da battere. Aggiungiamo che l'unico tennista capace di fermarlo negli ultimi 6 anni, il campione uscente Juan Martin del Potro, è ancora fuori combattimento dopo l'operazione al polso. Questo non significa che il fuoriclasse di Basilea abbia il titolo già in tasca. Per sollevare di nuovo la coppa di Flushing Meadows Roger dovrà certamente mostrare una condizione migliore di quella che lo ha portato a perdere con Murray e a faticare tanto con un onesto comprimario come Mardy Fish. Anche i bookmakers, comunque, lo danno per favorito, davanti al numero 4 britannico e allo stesso Rafa Nadal. È d'obbligo, infatti, considerare proprio lo scozzese quale suo più temibile avversario. Finalista agli Us Open 2008 e quest'anno a Melbourne, Andy Murray si esprime al meglio su questi campi. A dispetto della foga con la quale i connazionali lo vorrebbero campione di Wimbledon, lui rimane uno specialista delle superfici dure. Sul sintetico ha sconfitto più volte lo stesso Federer (sebbene ci abbia sempre perso negli Slam) e, con frequenza ancora maggiore, Nadal.