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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2010 alle ore 09:44.
Il ritorno alle urne è sempre più lontano. A Silvio Berlusconi, che è sempre più convinto di poter andare avanti anche senza i finiani, con una "maggioranza variabile" rinforzata da parlamentari del gruppo misto (liberaldemocratici, Mpa, Noi Sud...), si è aggiunta in serata la Lega. Dal palco di Saluzzo (Cuneo) il ministro delle Riforme Umberto Bossi ha garantito: se il premier dice di andare avanti così, per noi va bene. Precisando: «Con Berlusconi abbiamo stretto un patto, lui ci ha dato i voti per il federalismo, quindi manterremo la parola e gli daremo il voto in aula. Noi ci ricordiamo sempre di chi ci ha aiutato - ha aggiunto – non accoltelliamo alle spalle». Poco prima anche Giulio Tremonti aveva assicurato: «Abbiamo l'idea di andare avanti». Dichiarandosi orgoglioso di fare parte di questo governo.
Tutt'altro clima si respirava nel pomeriggio. Alla vigilia della tre giorni della festa dei popoli padani, Roberto Calderoli, ha annunciato che la settimana prossima i vertici del partito incontreranno Giorgio Napolitano per «segnalargli quello che sta accadendo rispetto al regolamento, alla Costituzione e, soprattutto, quello che rischia di accadere». Ovvero che si possa profilare un «conflitto di interessi» da parte del presidente della Camera. Premesso che «la Costituzione prevede che il capo dello Stato possa sciogliere anche una sola Camera», Calderoli ha indicato i motivi di "malfunzionamento" di Montecitorio, che ne consentirebbero lo scioglimento. A partire dal rinnovo delle commissioni e la riassegnazione dei numeri rispetto ai nuovi gruppi parlamentari, i cui resti sono nella discrezionalità del presidente della Camera. «Non è un conflitto di interessi che a fare questa scelta sia chi ha aderito a questi gruppi?», si è chiesto Calderoli.
Tuttavia già Roberto Maroni ha definito la proposta di sciogliere una Camera «un'ipotesi di scuola, un'idea di Calderoli, di cui si è anche parlato ad Arcore», facendo capire che l'ipotesi lascia il tempo che trova. Maroni ha sottolineato che la Lega è contraria all'ipotesi di maggioranze variabili, «legate a singoli parlamentari, alla loro visione del mondo», e alla «personale sensibilità» rispetto ai diversi provvedimenti. «Lo abbiamo detto e ripetuto, anche a Berlusconi: se non c'è una maggioranza politica forte, in grado di sostenere il governo, è meglio tornare a votare». Quindi occorre un'intesa con i finiani. In caso contrario, la Lega non può però obbligare Berlusconi a dimettersi, né sfiduciare il governo, «un'iniziativa che sarebbe molto difficile da spiegare». Maroni ha quindi assicurato che da lunedì, esaurita la festa padana e la necessità di "gasare" il suo popolo, l'atteggiamento del Carroccio sarà «più prudente». In realtà, viste le parole di Bossi, non c'è neanche da attendere lunedì.