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Il Pdl cerca di mettere al sicuro la maggioranza alla Camera. In gioco nuove poltrone o più risorse

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2010 alle ore 18:01.

A sentire i berlusconiani il traguardo è praticamente a un passo. E poco importa se, a supporto della maggioranza, nascerà un gruppo "ponte" alla Camera perché, come fa notare un esponente di spicco del Pdl «il problema ora è raggiungere la soglia dei 316 voti necessari a mettere al sicuro la maggioranza senza i finiani, il gruppo è secondario. Anche perché, se mancassero 5-6 deputati per raggiungere i 20 che servono a formare un gruppo, è pronto il travaso del Pdl. Se Berlusconi me lo chiede io sono pronto».

Fatto sta che per toccare quota 216 il Cavaliere sembra disposto a tutto. E ha messo sul piatto, come racconta chi gli è vicino, nuove poltrone all'interno dell'esecutivo. «Oltre alla casella del ministro dello Sviluppo Economico - spiegano da ambienti berlusconiani - ci sono in ballo 4-5 posti da sottosegretario appetibilissimi». Certo non è possibile accontentare tutti, ma l'obiettivo di Berlusconi per ora sembra quello di offrire una ricompensa "forte" alle singole formazioni per ottenerne l'appoggio.

Il quadro è chiaro. Berlusconi gioca su due tavoli, è l'analisi di un berlusconiano, «in caso di elezioni anticipate l'offerta è quella di una ricandidatura certa anche perché, se si andasse al voto, Fini lancerebbe un nuovo partito e automaticamente si libererebbero oltre 40 posizioni tra Camera e Senato». Ma se invece l'ipotesi delle urne restasse sullo sfondo ecco pronta un'altra moneta di scambio. «Se un parlamentare diventa decisivo per la maggioranza - ragiona chi frequenta il palazzo da tempo - significa che godrà di una rendita di posizione consistente». Tradotto? «Potrà garantirsi l'approvazione delle sue proposte di legge o di suoi emendamenti, per non dire della possibilità di accaparrarsi risorse per il territorio di riferimento».

È quello che, in politica, più di qualcuno chiama "spazio di influenza". Che può esercitarsi anche semplicemente attraverso un nuovo gruppo parlamentare. Basta sentire di Arturo Iannaccone (leggi l'intervista), esponente dei Noi Sud e pronto ad assicurare sostegno alla maggioranza con gli altri 4 colleghi della Camera. «La permanenza nel gruppo misto - spiega Iannaccone - non consente di esercitare fino in fondo le proprie prerogative parlamentari, presentando delle iniziative legislative, mozioni, interpellanze. Un nuovo gruppo - ammette il parlamentare - servirebbe a dare più efficacia alla singola azione dei deputati». Per non parlare del fatto che, regolamento alla mano, un gruppo ex novo significa nuove poltrone, uffici, personale di segreteria.

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Certo, poi, nessuno, a registratori accesi, è pronto a riconoscere il vero scambio. Così c'è chi, come Aurelio Salvatore Misiti dell'Mpa quasi si scandalizza a sentire parlare di poltrone. «Noi un sottosegretario già ce l'abbiamo, quello che chiediamo è più attenzione per il Sud». Mentre il repubblicano Francesco Nucara (leggi l'intervista), in predicato di diventare il nuovo numero uno del futuro gruppo "ponte", scandisce bene le parole. «Lo scriva: io non ho chiesto niente e non mi hanno offerto niente». Più o meno lo stesso refrain del collega Italo Tanoni, che con Daniela Melchiorre e Maurizio Grassano è tra i più corteggiati dal Cavaliere. «Il presidente del Consiglio non ha fatto alcuna offerta, la valutazione è di natura politica». Cioè, onorevole? «Il paese sta andando a pezzi e si tratta di decidere se è opportuno che il governo vada avanti. Dopo tutto Berlusconi ha vinto le elezioni...». E se non è proprio un sì poco ci manca.

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