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Questo articolo è stato pubblicato il 08 settembre 2010 alle ore 20:06.
«In questo momento serve stabilità, non le elezioni». Silvio Berlusconi frena parlando ai massimi dirigenti del Pdl riuniti a palazzo Grazioli per l'ufficio di presidenza nel pomeriggio di mercoledì. E conferma l'impegno a proseguire nell'azione concreta di governo. «Garantiamo - ha affermato - il governo del fare». Il premier avrebbe ripetuto che c'è il dovere di andare avanti e che le crisi, se si fanno, si fanno in Parlamento.
Linea di prudenza, dunque, condivisa dai suoi, dopo che il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, aveva mostrato i muscoli, ribadito che le elezioni sono «l'unica via d'uscita» e che per ottenerle si potrebbe arrivare o alle dimissioni di Silvio Berlusconi o addirittura al voto di sfiducia da parte della Lega. Il Senatur ha anche minacciato di far calare 10 milioni di persone a Roma contro un eventuale governo tecnico e decretato la morte politica di Gianfranco Fini al quale ha anche indirizzato una pernacchia.
«Mai visto che chi governa chieda le elezioni anticipate», ha detto il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli al termine del vertice del Pdl commentando la richiesta di Bossi. «C'è un tentativo di andare avanti sulla linea del governo - ha sottolineato il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto - ovviamente con gli opportuni sostegni in Parlamento. Se non ci fossero, ma solo in questo caso, si andrebbe alle elezioni».
Cicchitto ha anche spiegato ai cronisti come interverrà il partito sulla questione della incompatibilità dei finiani con i ruoli di partito nel Pdl. «Chi sta in un altro gruppo parlamentare non può avere incarichi di partito. È evidente, ma la cosa non riguarda i ministri». Comunque non sarà l'ufficio di presidenza a sancire l'incompatibilità degli esponenti finiani dagli incarichi di partito. È stato stabilito che gli esponenti di Fli saranno invitati dai coordinatori a singoli colloqui nei prossimi sette giorni e che solo dopo, salvo dimissioni già arrivate da alcuni, si decideranno i provvedimenti più opportuni.
Il Cavaliere, si sarebbe detto contrariato dal continuo parlare di leggi ad personam, del dibattito che si è aperto nel paese a proposito del processo breve, della tesi che questo provvedimento fosse fatto unicamente per salvaguardarlo dai processi. «Noi siamo al governo per gli italiani e tutto ciò che facciamo dobbiamo farlo per il paese».