Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2010 alle ore 13:22.
Primo giorno di scuola tra i bambini ammalati del policlinico Gemelli di Roma: è la scelta fatta dal ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, inaugurando l'anno scolastico 2010-2011, al via in quasi tutte le regioni. Lo scorso anno, il ministro Gelmini aveva dato il via ufficiale alle lezioni dal carcere minorile di Nisida. Significativa, quest'anno, la scelta di un nosocomio, visto che, secondo le stime dell'Abio (l'Associazione per il bambino in ospedale) ogni anno arrivano in ospedale 1.254.000 bambini. Molti di questi hanno una permanenza lunga in ospedale e poter continuare a studiare rappresenta un rito quotidiano che spezza la tristezza e le difficoltà della malattia.
La scuola in ospedale è un servizio scolastico ad hoc (195 sezioni, per 20 poli sparsi in tutt'Italia) che tiene conto dei tempi delle visite e delle terapie, della tipologia della malattia del minore degente, dei tempi e dei ritmi dei diversi reparti, del day-hospital e della lungodegenza. Ci sono ospedali, come il Bambino Gesù di Roma e il Gaslini di Genova, che hanno una tradizione trentennale di insegnamento e formazione, con insegnanti "dedicati" alle strutture che per sei-sette ore al giorno offrono una didattica completa, che spazia dall'insegnamento di scuola primaria a quello delle superiori. L'obiettivo, come spiega il professor Alberto Antinori che coordina la scuola del Bambino Gesù è quello di «riuscire a fornire ai ragazzi un servizio essenziale, come quello della formazione scolastica, facendolo diventare anche un momento di evasione dalla vita ospedaliera».
All'aspetto dell'insegnamento vero e proprio, in molti casi, si aggiunge quello del gioco e del divertimento: se al Bambino Gesù c'è una ludoteca in cui i ragazzi possono distrarsi durante la giornata, anche all'ospedale San Salvatore dell'Aquila, dopo il terremoto, è stata ricostruita una sala per i giochi nella quale i volontari dell'Abio lavorano insieme agli insegnanti. «Questo non è un ospedale per le lunghe degenze, i bambini rimangono poco - spiega Ilaria, una delle educatrici - per questo è importante che facciano i compiti non trascurando però l'aspetto ludico. Così sono più sereni e noi riusciamo a tranquillizzare anche i genitori».