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Con il manifesto di Walter il Pd si ritrova diviso tra dalemiani e veltroniani

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2010 alle ore 10:32.

Vinicio Peluffo è uno dei 75 deputati che hanno sottoscritto il documento di Walter Veltroni, Giuseppe Fioroni e Paolo Gentiloni (leggi la lista dei 75 firmatari). E spiega così l'idea lanciata dall'ex sindaco di Roma sull'opportunità di scegliere un candidato premier fuori dal partito: «È legittimo che oltre al segretario, alle primarie ci siano altre candidature. Del resto altre personalità hanno già palesato il loro interesse a presentarsi, lo hanno fatto Vendola e Chiamparino. Non a caso Veltroni ha citato Romano Prodi, candidatura individuata fuori dai partiti e consacrata con le primarie». Voi cosa ne pensate?

Ma è ancora troppo presto per ragionare di questo, dice Peluffo «quando ci sarà la data delle elezioni verranno convocate le primarie e allora se ne potrà discutere».
Ad irritare l'ex vicepremier sarebbe stato anche il testo firmato da giovani bersaniani e dalemiani, il cosiddetto documento dei giovani turchi che anche Peluffo non ha gradito. «Definirsi giovani alla nostra età (una quarantina d'anni) è un'impresa. In ogni caso, al di là delle questioni anagrafiche è un'analisi che non mi convince affatto. Lo trovo un documento arretrato in termini di cultura politica, mette radicalmente in discussione questi quindici anni non solo negli errori che possono essere stati fatti, ma anche nelle cose che continuo a ritenere positive: il sistema maggioritario, il bipolarismo, la scelta della nascita del Pd. Tutte cose che io salvaguarderei».

Veltroni arrabbiato per quel testo? «Sarebbe grave», dice il dalemiano Matteo Orfini.
«Era un documento dove c'era una valutazione politica non su Veltroni ma sull'intera stagione del centrosinistra a partire dagli anni '90». Un'analisi «che metteva in relazione alcuni problemi attuali con scelte che viste a posteriori hanno contribuito alla crisi di sistema in cui viviamo oggi». «C'era sicuramente la critica al Lingotto, ma c'era anche la critica al secondo governo Prodi e al New Labuor degli anni '90». Prenderla «come un'offesa personale - dice Orfini - è avere un'idea piuttosto bislacca del dibattito interno a un partito».
I 74 firmatari del documento? «Un'aggregazione largamente minoritaria, che indebolisce il fronte delle minoranze». A Veltroni e Fioroni Orfini suggerisce un nome per il movimento: «l'Ossimoro mi pare piuttosto adatto». Quanto a leader esterni al partito per la corsa elettorale «non ci dobbiamo mettere a fare i provini sulla leadership - dice - dobbiamo cacciare Berlusconi».

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Il bersaniano Stefano Di Traglia sottolinea che l'idea all'origine del documento «era quella di fare una riflessione partendo da un'analisi del quindicennio, della seconda repubblica. Di come il berlusconismo sia anche la fine di una fase che non è mai riuscita a realizzarsi». Alla fine «abbiamo visto che i difetti della prima repubblica si sono trasferiti in questa seconda repubblica, perché non è vero che abbiamo avuto governi stabili». Quindi abbiamo voluto «immaginare una riflessione anche su quel bipolarismo che si era auspicato, sul sistema politico che si è venuto a formare dopo la fine della prima repubblica». Insomma l'indicazione era quella di mettere in agenda una discussione che non fosse solo l'analisi del passato ma che aiutasse a riflettere sul futuro. Però «senza essere artefici della rottamazione, perché si può discutere senza denigrare chi ti ha preceduto. Perché veniamo da una classe dirigente ottima, tutti i dirigenti che ha avuto il centrosinistra sono fior di dirigenti, anche se non sempre hanno risposto nel modo migliore».

Quello che serve è «trovare un modo per contribuire a una causa tutti insieme» , dice Giuseppe Civati . «Non serve a nulla dividersi, tra l'altro con le squadre di provenienza perché lo spaccato vede da una parte i dalemiani e dall'altra Walter, che ha rifatto il conto dei suoi». Civati chiede a tutti, a cominciare dal segretario nazionale «la massima lealtà ma anche la massima apertura al pluralismo». Dal punto di vista politico si dice affezionato all'idea di Pd «di Veltroni piuttosto che a quella dei "giovani turchi"». Con l'ex segretario però non è d'accordo sull'idea di scegliere un candidato premier esterno, perché «se sostiene una vocazione maggioritaria del Pd tutto dovrebbe stare dentro il partito. Un partito largo e autorevole non ha bisogno di un leader che non si capisce dove andare a prendere». Civati lancia una provocazione: «di tutti questi vangeli che stiamo scrivendo, il libro di Chiamparino, la lezione di Vendola, il vangelo secondo Massimo o i suoi, il vangelo secondo i discepoli di Walter, alla fine mi piacerebbe fare una lettura sinottica per scoprire che poi dicevamo all'80-90% le stesse cose sul merito politico».

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