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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2010 alle ore 16:27.
PARIGI – L'avevano data per finita, emarginata nel suo partito socialista, definitivamente out. E invece Ségolène è di ritorno. Con il suo sorriso un po' forzato, il suo piglio da maestrina, anche (diciamolo) con la sua abilità politica e la preparazione (superlaureata la Royal, mica come Nicolas Sarkozy). Oggi si sta svolgendo ad Arcueil la festa della Fraternità, che riunisce ogni anno i suoi sostenitori. Nel 2009 non era venuto quasi nessuno, almeno tra i dirigenti del Ps e i «pezzi forti» della sinistra. Quest'anno, invece, ci sono praticamente tutti quelli che contano.
La domanda che nessuno osa fare (e che tutti nella propria testa si pongono) è la seguente: sarà ancora Ségolène Royal a sfidare il candidato della destra alle presidenziali del 2012? Assisteremo come nel 2007 al duello Nicolas-Ségolène, archiviato quell'anno con la sconfitta (ma più che onorevole) della seconda? Fino a qualche mese fa una risposta positiva a queste domande sarebbe stata pura fantascienza. Oggi no. Ségolène è ritornata nel terzetto di testa dei possibili candidati presidenti del partito socialista, la principale forza dell'opposizione. Oltre a lei, Martine Aubry, l'austero sindaco di Lille, che da ministro del lavoro introdusse le 35 ore di lavoro settimanali, la donna tutta d'un pezzo della sinistra tradizionale. E Dominique Strauss-Kahn, ora alla guida del Fondo monetario internazionale, uno che di economia ne capisce davvero e uno che nei sondaggi resta sempre alto (ma le sue storie a ripetizione di molestie sessuali ne fanno una potenziale mina vagante, candidato rischioso).
«La responsabilità dei socialisti è di restare uniti, perché i francesi non accetterebbero una guerra fra capi. Vinceremo solo nell'unione», ha detto al quotidiano La Croix la Royal. Ben detto, soprattutto ora che Sarkozy è crollato nei sondaggi e non sembra avere l'aria di risalire. Insomma, ora che vincere si puo' vincere. Oggi, ai giornalisti che l'attendevano ad Arcueil, alla sua festa, ha aggiunto: «I francesi si aspettano che andiamo al di là dell'antisakozysmo. Vogliono proposte, azione». Ancora ben detto, altrimenti qui si fa la fine di una certa sinistra italiana.
Ripercorriamo la parabola della Royal dopo le presidenziali del 2007. L'anno successivo lanciò la sua prima festa della Fraternità, espressione (con annessa strategia) consigliata dal filosofo Régis Debray. Si presento' di bianco vestita, messianica, ma alla fine convincente, con il suo discorso «trasversale» e non vetero-socialista che nella Francia d'oggi, disperatamente apolitica e spoliticizzata, non puo' far vincere un'elezione presidenziale. Ma, nei mesi successivi, quando corse nella battaglia per diventare segretario del Ps, si ritrovo' tutti contro di lei. La vecchia guardia appoggio' Martine Aubry. Che, per giunta, vinse grazie a probabili brogli elettorali. Ségolène protesto'. Ma poi, piano piano, non l'ascolto' più nessuno. La festa della Fraternità edizione 2009 fu un mezzo disastro. La svolta è arrivata nel marzo scorso, quando alle regionali i socialisti si sono imposti, favoriti dalla crisi di Sarkozy più che da un vero recupero di consensi. L'opportunità va sfruttata. E anche Ségolène ritorna sotto i riflettori. Lei e la Aubry si sono alleate e si mostrano sorridenti mano nella mano, un tandem anti Strauss-Khan.