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Napolitano: «L'Italia è uno stato nazionale. Solo Roma capitale»

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2010 alle ore 11:07.

Giorgio Napolitano riceve la cittadinanza onoraria di Roma, mentre il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone celebra per la prima volta la ricorrenza del 20 settembre, che nel 1870 segnò la fine del potere temporale della Chiesa e fece diventare Roma, capitale d'Italia. «Un'indiscussa verità», riconosce il porporato, che ricorda anche l'altro ruolo della città eterna. Vale a dire «la sede del successore di Pietro». Per Bertone, che ha letto una preghiera per la pace in Italia, le celebrazioni del 140esimo anniversario della Breccia di Porta Pia «rappresentano anche «la ritrovata concordia tra la comunità civile e quella ecclesiale che insieme lavorano a vastissimo raggio per il bene del popolo italiano».

Durante le celebrazioni a Porta Pia, un gruppo di esponenti radicali hanno inscenato una protesta: «Vaticano e partitocrazia serve una nuova Porta Pia», è la frase urlata al passaggio del corteo presidenziale diretto in Campidoglio per la prosecuizione dei festeggiamenti.

Prima di diventare a tutti gli effetti cittadino romano, il Capo dello Stato ha voluto lasciare una propria testimonianza sul libro d'oro del comune di Roma: «L'Italia si trasforma ma resta uno stato nazionale ed unitario, con Roma, capitale». Parlando invece alla seduta straordinaria dell'Assemblea capitolina - che ha segnato il passaggio ufficiale dal comune di Roma a Roma Capitale - Napolitano ha sottolineato come «nulla possa sottovalutare o rigettare la grandezza storica di Roma» e la forza della sua «capacità di accoglienza». E citando un discorso di Cavour del 1861, ha ricordato: «Roma, Roma sola deve essere la capitale d'Italia».

Per Napolitano, «la forza dell'Italia come nazione e come sistema paese sta nella capacità di rinnovarsi rafforzando e non indebolendo la sua unità; sta nella scelta, che tutti dovremmo condividere, di rinnovare modernizzando ma non depotenziando lo Stato che della nostra unità, in tutte le sue articolazioni istituzionali, è essenzialmente tessuto connettivo».

Parole condivise dal primo cittadino della capitale, Gianni Alemanno che ha ricordato come sia «impensabile» distribuire le sedi centrali dei ministeri su tutto il territorio nazionale, «non solo - ha aggiunto - per i gravi danni organizzativi ed economici che questa disgregazione comporterebbe, ma perchè verrebbe così colpito il simbolo più importante dell'Unità nazionale». Tutti, ha proseguito, «dobbiamo contribuire a rigenerare queste istituzioni e questa politica con le riforme, la tensione ideale e la consapevolezza culturale e Roma farà la sua parte cercando di combattere ogni forma di parassitismo, assistenzialismo e illegalità».

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Alemanno ha poi ribadito il suo pensiero su «Roma ladrona»: nel complesso, ha detto, «tra Irpef, Ires e Iva, la nostra città offre un gettito fiscale di circa 35 miliardi di euro, a fronte di trasferimenti statali di poco superiori a un miliardo e 600 milioni di euro: è chiaro che bisogna fare alcune tare rispetto a questo rapporto, ma è altrettanto evidente che qualsiasi forma di federalismo fiscale non può che portare a Roma ben altre risorse di quelle che noi oggi riceviamo. Altro quindi che Roma ladrona!».

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