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Fini sulla casa di An: «Campagna ossessiva. Se Tulliani è davvero il proprietario mi dimetto»

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2010 alle ore 19:27.

«La politica sta offrendo uno spettacolo deprimente». Esordisce così il presidente della Camera, Gianfranco Fini, nel videomessaggio diffuso poco fa (guarda il video) in cui fornisce la sua versione dei fatti sull'affaire di Montecarlo. Nove minuti per ricordare i trascorsi del partito (con la sua espulsione nei mesi scorsi), per chiedere di porre fine «a una ossessiva campagna politico-giornalistica» e per affermare con forza che è pronto a dimettersi se le indagini della magistratura dovessero dimostrare che il cognato, Giancarlo Tulliani, è il proprietario della casa monegasca e il titolare delle due società off shore che l'hanno rilevata (leggi qui il testo integrale del messaggio). E uno dei suoi ex colonnelli, Ignazio La Russa, è rapidissimo nel commentare. « La montagna ha partorito il topolino perché i dubbi che c'erano prima rimangono».

La terza carica dello Stato ammette, con il senno di poi, di aver commesso «qualche leggerezza». Ma non ci sono reati in ballo, né è stato arrecato danno ad alcuno. «In questa vicenda non è coinvolta l'amministrazione della cosa pubblica o il denaro del contribuente. Non ci sono appalti o tangenti, non c'è corruzione nè concussione». Quanto alle accuse su un presunto coinvolgimento di pezzi dei servizi deviati, Fini rinnova la sua fiducia e stima nei confronti dei vertici (nomina il sottosegretario Gianni Letta e Gianni De Gennaro), ma parla di «pagine oscure e faccendieri» e non nasconde le sue perplessità sulla lettera del ministro della Giustizia di Saint Lucia che proverebbe il legame tra Tulliani e le due società (la Printemps e la Timara) con sede legale nell'isola caraibica.

Fini ricorda innanzitutto la sua storia politica. «In 27 anni di Parlamento e 20 alla guida del mio partito non sono mai stato sfiorato da sospetti di illeciti e non ho mai ricevuto nemmeno un semplice avviso di garanzia». Sediversamente, ragiona l'ex leader di An, fossi stato sfiorato «da un bello scandalo», sarebbe stato impossibile portare avanti certe battaglie. «Mi sarebbe stato più difficile - argomenta il presidente della Camera - chiedere alla politica di darsi un codice etico e sarebbe stato più credibile chiedere le mie dimissioni». Qui arriva l'affondo contro la stampa che lo ha attaccato nei mesi scorsi. «Così deve averla pensata qualcuno - prosegue - ad esempio chi auspicava il metodo Boffo nei miei confronti, oppure chi mi consigliava dalle colonne del giornale della famiglia Berlusconi di rientrare nei ranghi se non volevo che spuntasse qualche dossier - testuale - anche su di me»

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«Forse commessa una leggerezza, ma nessun reato». Il testo integrale del messaggio di Fini

Ecco il testo del videomessaggio del presidente della Camera, Gianfranco Fini: «Purtroppo da

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Fini nel messaggio video: in corso una campagna ossessiva contro di me. Un avvocato: la casa è di un mio cliente

È il giorno della verità per Gianfranco Fini deciso a combattere la sua battaglia fino in fondo.

Fini a Mirabello (il discorso integrale)

Fini a Mirabello (il discorso integrale)

Fini a Mirabello (il discorso integrale)

Tags Correlati: America Centrale | AN | Charlotte Princesse | Elisabetta Tulliani | Giancarlo Tulliani | Gianfranco Fini | Gianni De Gennaro | Gianni Letta | Governo | Ignazio La Russa | Italia | Lega | Lorenzo Rudolph Francis | Ministro della Giustizia | Partiti politici | PDL | Presidente del Consiglio | Printemps | Renato Ellero | Timara

 

I passaggi relativi a Boulevard Princesse Charlotte 14. Fini ricostruisce poi tutte le tappe dell'immobile monegasco. A cominciare dal lascito della signora Colleoni. «An, nel tempo, ha ereditato una serie di immobili - spiega il leader di Fli -. Tra questi, nel 1999, la famosa casa di Montecarlo, che non è una reggia anche se sta in un Principato, 50-55 metri quadrati, valore stimato circa 230 mila euro». Quella casa era «in condizioni quasi fatiscenti e del tutto inutilizzabile per l'attività del partito». Così, prosegue Fini, fu ceduta l'11 luglio 2008 «alla società Printemps (una delle due off shore, insieme alla Timara, tirata in ballo nella vicenda, ndr) , segnalatami da Giancarlo Tulliani. L'atto è stato firmato dal segretario amministrativo, senatore Pontone da me delegato, un autentico galantuomo che per 20 anni ha gestito impeccabilmente il patrimonio del partito, e dai signori Izelaar e Walfenzao». Quanto al prezzo della vendita (300 mila euro), al centro della vicenda perché giudicato molto al di sotto del reale valore dell'immobile, «dai miei uffici - aggiunge Fini - fu considerato adeguato perchè superava del 30 per cento il valore stimato dalla società immobiliare monegasca che amministra l'intero condominio».

Le indagini avviate dalla procura di Roma e il ruolo del cognato. Fini si dice tranquillo sull'inchiesta aperta dai giudici capitolini. «Hanno aperto doverosamente una indagine contro ignoti, a seguito di una denunzia di due avversari politic». Ma il presidente della Camera non è preoccupato né lancia strali contro i magistrati. «A differenza di altri, non strillo contro la magistratura, attendo con fiducia l'esito delle indagini - continua Fini -. Come ho già avuto modo di chiarire, solo dopo la vendita ho saputo che in quella casa viveva il signor Giancarlo Tulliani». Quindi ribadisce quanto aveva già detto nei mesi scorsi. La scoperta della presenza di Tulliani «mi ha provocato un'arrabbiatura colossale - chiarisce la terza carica dello Stato -, anche se egli mi ha detto che pagava un regolare contratto d'affitto e che aveva sostenuto le spese di ristrutturazione. Non potevo certo costringerlo ad andarsene, ma certo gliel'ho chiesto e con toni tutt'altro che garbati. Spero lo faccia, se non fosse altro che per restituire un pò di serenità alla mia famiglia».

Il coinvolgimento delle due società off shore nella cessione della casa. È un tassello delicato su cui il presidente della Camera è netto. «A Montecarlo - dice - le off shore sono la regola e non l'eccezione. E sia ben chiaro, personalmente non ho nè denaro, nè barche nè ville intestate a società off shore, a differenza di altri che hanno usato, e usano, queste società per meglio tutelare i loro patrimoni familiari o aziendali e per pagare meno tasse».

La sua colpa? «Solo una certa ingenuità». Fini non ci sta a vestire i panni del colpevole. Ammette solo, con il senno di poi, di aver gestito la vicenda «con una certa ingenuità. Ma, sia ben chiaro - avverte - non è stato commesso alcun tipo di reato, non è stato arrecato alcun danno a nessuno. E, sia ancor più chiaro, in questa vicenda non è coinvolta l'amministrazione della cosa pubblica o il denaro del contribuente. Non ci sono appalti o tangenti, non c'è corruzione nè concussione. Tutto qui? Per quel che ne so tutto qui».

Pronto alle dimissioni se Tulliani «è il proprietario». E comunque se davvero saranno dimostrate le responsabilità del cognato, Fini si dice pronto al passo indietro. « Se si dovesse dimostrare con certezza che Tulliani è il proprietario - prosegue Fini - e che la mia buona fede è stata tradita, non esiterei a lasciare la presidenza della Camera. Non per personali responsabilità - che non ci sono - bensì perchè la mia etica pubblica me lo imporrebbe».

I servizi e la lettera del guardasigilli di Saint Lucia. Il presidente della Camera ha poi ribadito la stima nei confronti «del sottosegretario Letta e del prefetto De Gennaro. Penso alla trama da film giallo di terz'ordine che ha visto spuntare su siti dominicani la lettera di un ministro di Santa Lucia, diffusa da un giornalista ecuadoregno, rilanciata in Italia da un sito di gossip a seguito delle improbabili segnalazioni di attenti lettori. Penso a faccendieri professionisti, a spasso nel Centro America da settimane (a proposito, chi paga le spese?) per trovare la prova regina della mia presunta colpa. Penso alla lettera che riservatamente, salvo finire in mondovisione, il ministro della Giustizia di Santa Lucia ha scritto al suo premier perché preoccupato del buon nome del paese per la presenza di società off shore coinvolte non in traffici d'armi, di droga, di valuta, ma di una pericolosissima compravendita di un piccolo appartamento a Montecarlo». Nessuna accusa, dunque, ma solo la legittima espressione che dietro tutto ci sia una manovra oscura.

La difesa della libertà d'informazione. Infine una bacchettata alla stampa che lo ha attaccato incessantemente nelle ultime settimane. «La libertà d'informazione - dice - è il caposaldo di una società aperta e democratica. Ma proprio per questo, giornali e televisioni non possono diventare strumenti di parte, usati non per dare notizie e fornire commenti, ma per colpire a qualunque costo l'avversario politico. Quando si scivola su questa china, le notizie non sono più il fine ma il mezzo, il manganello. E quando le notizie non ci sono, le si inventano a proprio uso e consumo. Così, con le insinuazioni, con le calunnie, con i dossier, con la politica ridotta ad una lotta senza esclusione di colpi per eliminare l'avversario si distrugge la democrazia. Si mette a repentaglio il futuro della libertà».

Basta con il gioco al massacro. La conclusione di Fini è chiarissima. «Chi ha irresponsabilmente alimentato questo gioco al massacro si fermi, fermiamoci tutti prima che sia troppo tardi. Fermiamoci pensando al futuro del paese. Riprendiamo il confronto: duro, come è giusto che sia, ma civile e corretto». Quindi l'invito a porre fine agli attacchi nei suoi confronti ma anche alla dura contrapposizione tra le due sponde del Pdl. «Gli italiani -aggiunge - si attendono che la legislatura continui per affrontare i problemi e rendere migliore la loro vita. Mi auguro che tutti, a partire dal presidente del Consiglio, siano dello stesso avviso. Se così non sarà gli italiani sapranno giudicare. E per quel che mi riguarda ho certamente la coscienza a posto».

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