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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2010 alle ore 13:29.
Umberto Bossi rompe gli indugi e, in vista del discorso del 29 settembre, scarica il presidente della Camera, Gianfranco Fini. «Berlusconi e Fini - spiega il numero uno del Carroccio conversando con i cronisti a Montecitorio - non si prendono più. Sui voti di Fini non ci si può più contare. Ma Berlusconi dice di avere i numeri». Il leader della Lega (che oggi, per bocca del sindaco di Treviso, Giancarlo Gobbo, ha annunciato che le cerimonie da adesso in poi si faranno senza inno) non ha mai fatto mistero della sua contrarietà rispetto all'operazione avviata dal Cavaliere in Parlamento per puntellare la maggioranza in vista del passaggio del 29 settembre, quando il premier parlerà a Montecitorio.
Poi Bossi si intrattiene sulla campagna acquisti del premier. E, ai giornalisti che gli ricordano come il sostegno potrebbe arrivare dai deputati dell'Udc in rotta con Casini (il blocco siciliano e il campano Pisacane), replica seccamente che «la Sicilia è lontana». Il clima dentro la maggioranza dunque resta teso. E continua lo scontro tra le due sponde del Pdl attorno al presunto coinvolgimento di pezzi deviati dei servizi nella vicenda della casa monegasca lasciata in eredità ad An da una ricca nobildonna romana.
Oggi è sceso anche in campo il legale del premier, Niccolò Ghedini. Che liquida come «infondate, pretestuose e diffamatorie» le accuse circa un possibile intervento del Cavaliere nel "dossieraggio" paventato dai finiani sull'appartamento di Montecarlo. «È stato folle e risibile - avverte il consulente giuridico di Berlusconi - ipotizzare che il presidente del Consiglio potesse aver dato mandato a chicchessia per creare un documento ufficiale falso che in tempi brevi avrebbe potuto essere smentito dal governo locale».
Ieri, infatti, sono circolati i nomi, poi confermati dal capogruppo di Fli, Italo Bocchino, dei due presunti autori del dossieraggio ai danni di Gianfranco Fini: Vittorugo Mangiavillani, inviato del Velino, l'agenzia stampa diretta da Lino Jannuzzi, e Valter Lavitola, direttore ed editore dell'Avanti (da non confondere con la storica testata socialista). Ghedini stoppa anche le accuse a loro carico. «Allo stato - prosegue il legale di Berlusconi - si deve evidenziare che alcuni giornalisti tra cui il direttore dell'Avanti, Lavitola, in piena autonomia hanno svolto un legittimo diritto di inchiesta e di cronaca così come risulta dalle loro stesse precise dichiarazioni».