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Patto imprese-sindacati sulle riforme

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2010 alle ore 08:04.

Nelle aspettative doveva essere l'occasione per il disgelo. E così è stato. Emma Marcegaglia ha lanciato la proposta di un patto per le riforme, su cui coinvolgere tutte le parti sociali, che possa spronare il governo. E ha confermato: Confindustria è disponibile a fare un «tagliando» della riforma dei contratti del 2009. Un modo per consentire alla Cgil di ritornare al tavolo. «Sento un clima diverso, la crisi della politica spinge ad unire le forze sociali. Il bicchiere è mezzo pieno», ha detto a metà discorso, rivolgendosi ai tre segretari generali seduti in platea, in particolare a Guglielmo Epifani, numero uno Cgil.

Ed ha mandato anche un segnale al governo: «Siamo entrati in un cono d'ombra, ma l'esecutivo deve andare avanti e governare. Con il voto del 29 ritrovi compattezza. C'è tanta gente, tra cittadini e imprese, che con responsabilità sta facendo il proprio mestiere. Ma stanno esaurendo la pazienza».
Sul tavolo del patto c'è la sfida di una maggiore crescita, che passa per infrastrutture, ricerca, fisco, e contratti. C'è la sfida di una maggiore produttività e competitività da conquistare, per recuperare quel gap di 30 punti sul costo del lavoro per unità di prodotto che ci distanziano dalla Germania, «il nostro benchmark». E per rispondere alla globalizzazione «che è positiva, perchè ha fatto crescere i posti di lavoro e offre l'opportunità della grande crescita dei mercati emergenti». Una competizione che, scandisce la presidente di Confindustria, «mai porterà ad una gara al ribasso per salari e diritti».
Già venerdì pomeriggio, nella prima giornata del convegno di Confindustria su lavoro e relazioni industriali (una delle celebrazioni del Centenario) il vice presidente per le relazioni sindacali, Alberto Bombassei, aveva annunciato la novità di una verifica della riforma della contrattazione, aprendo la porta ad un rientro in partita della Cgil. C'era molta attesa, quindi, su ciò che avrebbe detto ieri mattina Epifani, durante la tavola rotonda con gli altri segretari generali. In numero uno della Cgil ha raccolto: contratti nazionali più ampi, più spazio alla contrattazione di secondo livello, ma no alle deroghe.

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Si vedrà al tavolo del grande patto, che si avvierà il 4 ottobre, se le aperture si tradurranno in fatti. «Dobbiamo essere coerenti con ciò che ci stiamo dicendo», ha messo in chiaro la Marcegaglia. Epifani, dal palco, le aveva chiesto di «impegnarsi per unire lavoro e impresa». Risposta positiva: «Noi ci siamo, ma anche Epifani lo faccia». E se il leader della Cgil aveva ricordato i 12mila accordi firmati dalla sua confederazione, la presidente degli industriali l'ha esortato: «ne faccia 12mila e uno».

Anche perchè è solo con la crescita e con un aumento della produttività che potranno salire le retribuzioni. Crescendo meno degli altri, ha detto la Marcegaglia, abbiamo perso in 16 anni 540miliardi di euro di Pil rispetto all'area euro, 720 rispetto al G7. Si tratta di 9mila euro in meno di retribuzione per ogni italiano area Ue e di 12mila area G7. In Germania, ha detto la presidente, il 40% delle imprese ha solo un contratto aziendale. «Anche noi dobbiamo trovare il modo di adattare le regole dove ci sono investimenti, per creare occupazione». È la logica che ha portato all'intesa di Pomigliano. E la Marcegaglia ha ringraziato Bonanni ed Angeletti, leader di Cisl e Uil «per aver messo la faccia sulle riforme e sui nuovi accordi».
Pomigliano come risultato della possibilità di deroghe consentite, in caso di crisi, investimenti e più occupazione, dalla riforma del 2009. Federmeccanica e sindacati stanno negoziando per definire questo aspetto e regole specifiche per l'auto. «Sono ottimista», ha detto la Marcegaglia, ribadendo il suo sostegno al progetto Fabbrica Italia del Lingotto: «La Fiat troverà risposte alle sue esigenze all'interno del contratto dei metalmeccanici. Vogliamo che Marchionne vinca la sfida globale».
Ma è ciò che serve anche a tutte le imprese italiane. Senza conflitto ma con il dialogo: «Leviamo dal tavolo cose non vere. Non vogliamo puntare sui rapporti di forza, non vogliamo che vecchie ideologie vengano attribuite a noi». È altrove «a Cuba che vengono licenziati 500mila lavoratori, non in Italia. Nel nostro Dna c'è la vicinanza con i lavoratori». Ben venga poi la logica della sussidiarietà proposta dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. E la Marcegaglia ha detto sì ad un "avviso comune" sullo Statuto dei lavori, ma ha anche chiesto al ministro di eliminare «enti e costi inutili che gravano sulle imprese».

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