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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2010 alle ore 08:01.
RIO DE JANEIRO - Non ha parlato dal balcone di Palacio Miraflores, come d'abitudine dopo ogni successo elettorale. Ieri notte ha dovuto rinunciare, i risultati sono andati peggio del previsto. Hugo Chavez ha vinto ancora, ma da oggi non potrà più procedere a forza di decreti legge; sarà costretto a dialogare con l'opposizione, a mediare. L'obiettivo di Hugo, in carica dal 1999, era quello di mantenere i due-terzi del parlamento. Obiettivo mancato. Il suo Psuv, Partido socialista unitario de Venezuela, ha portato a casa 95 dei 165 seggi, ma l'opposizione del Mud (mesa de unidad democratica) ne ha almeno 64. Molti di più di quanto sperava alla vigilia di queste elezioni legislative.
Gli altri seggi sono andati a partiti minori, tra cui gli indigeni. Va ricordato che con 56 deputati l'opposizione è in grado di bloccare la possibilità che il governo di Chavez vari leggi ordinarie; e con 67 i decreti legge. Il voto dei venezuelani alle legislative di domenica si è fortemente riequilibrato a vantaggio dell'opposizione che per la prima volta da molti anni si è presentata compatta.
L'Hugo nazionale ha lasciato un messaggio su Twitter: «Miei cari compatrioti, oggi è una grande giornata perché abbiamo ottenuto una solida vittoria, sufficiente per continuare ad approfondire il Socialismo bolivariano e democratico», ma è vero il contrario: il leader della sinistra radicale latino-americana non raggiungerà il suo obiettivo di conservare i 110 deputati, i due terzi del Parlamento, necessari - come sostenuto dallo stesso Chavez in campagna elettorale - per «radicalizzare» senza ostacoli la realizzazione «del socialismo del XXI secolo». l portavoce dell'opposizione, Ramon Guillermo Avaledo, fa notare un altro dato importante: «Il 52% dei voti, quindi la maggioranza, è andato all'opposizione anche se il meccanismo elettorale dà più seggi al governo».
La nota positiva di questo confronto elettorale è che pare superata quella contrapposizione frontale fatta di insulti reciproci. Si sta stemperando quel clima di odio che spingeva i chavisti a chiamare «escualidos» (squallidi, ma anche assimilabili agli squali, voraci e aggressivi) gli oppositori e gli oppositori a definire «sottosviluppati» i supporter del presidente.