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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2010 alle ore 09:30.
L'ultima modifica è del 29 settembre 2010 alle ore 09:26.
La scelta di Berlusconi di chiedere la fiducia del Parlamento per il suo governo è arrivata all'ultimo minuto e ha il sapore di un colpo di scena. Ma è una scelta chiara e quindi opportuna, l'unica che può dare un senso al dibattito un po' surreale che ha scandito le ultime settimane. Senza la fiducia, come pareva fino a ieri, la verifica si sarebbe chiusa nel segno dell'ambiguità e delle lacerazioni non sanate con gli amici di Fini: la maggioranza sarebbe uscita dalle aule parlamentari più debole di come vi era entrata. Ora almeno ognuno dei soci della coalizione si assumerà le proprie responsabilità. E poi si vedrà.
Sappiamo che questo era il copione originario previsto dal presidente del Consiglio. Intervento in aula a illustrare i cinque punti del rilancio programmatico e poi voto di fiducia per dare legittimità alla cosiddetta "fase due" del governo. Tuttavia la terribile estate politica, scandita da scambi di accuse infamanti, aveva mutato lo scenario di fondo. Il premier è andato per settimane alla ricerca dei famosi 316 voti al netto dei 35 finiani di "Futuro e libertà". Li ha trovati? Si sente sicuro dei numeri? Sappiamo che oggi riceverà il voto di alcuni parlamentari ex Udc ed ex rutelliani. Ma è difficile prevedere se i nuovi apporti basteranno a rendere ininfluenti i voti del gruppo finiano.
Quel che sappiamo è che il presidente del Consiglio si è risolto a porre la questione di fiducia dopo che per giorni e giorni aveva lasciato capire di accontentarsi di un voto di indirizzo. Un'ipotesi debole soprattutto dopo che al caso Fini si era aggiunto il caso Bossi. All'indomani dell'infelice frase del ministro delle Riforme contro i romani, la mozione personale di sfiducia annunciata dalle opposizioni non avrebbe comunque ottenuto i voti necessari. Ma nel clima confuso in cui la maggioranza si stava aggrovigliando avrebbe avuto un significato da non sottovalutare. Sta di fatto che Berlusconi ha rotto gli indugi. Improvvisamente la questione dei numeri ha perso la sua importanza. Forse ci saranno i 316 voti senza i finiani o forse no: dipende da come avranno fatto bene i conti a Palazzo Chigi. E magari da qualche ulteriore colpo di teatro.