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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2010 alle ore 17:57.
Il voto di fiducia che attende oggi Silvio Berlusconi alla Camera deciderà il prosieguo della legislatura. Gli scenari possibili sono molti e tutti collegati alle scelte della pattuglia del presidente della Camera Gianfranco Fini. L'unica certezza al momento è che i finiani decideranno oggi il da farsi, subito dopo l'intervento del Cavaliere.
Il voto di Fli sarà garantito, come spiegano i diretti interessati, solo se la fiducia sarà posta su aspetti che fanno parte del programma e, in seconda battuta, se ci sarà un riconoscimento della pattuglia finiana come terza gamba della coalizione. «Il nostro voto sarà deciso - ha spiegato il capogruppo di Fli, Italo Bocchino - dall'assemblea di gruppo dopo aver ascoltato l'intervento del premier ed è evidente che dipenderà da toni e contenuti delle sue parole».
Cosa può succedere in aula? Il premier punta da sempre a raggiungere l'autosufficienza a Montecitorio (316 voti) senza dover attingere al pacchetto di consensi dei finiani (35 incluso quello di Fini, che per prassi parlamentare non esprime generalmente il proprio voto). E, al momento, il pallottoliere berlusconiano, considerando le ultime new entry (i 5 dissidenti dell'Udc passati al gruppo misto e i due dell'Api, Calearo e Cesario) conta 312 deputati. Una prima ipotesi è che, stando così le cose, il discorso di Berlusconi ottenga la maggioranza con il voto dei finiani. In questo caso il Cavaliere porterebbe a casa il risultato, ma il voto sancirebbe la dipendenza da Fli e dunque aumenterebbe il potere contrattuale dei finiani quando il discorso di Berlusconi sarà tradotto in provvedimenti concreti.
Il secondo scenario è che il suo intervento ottenga la maggioranza senza i finiani. Sarebbe una vittoria politica molto importante per il premier ma, numeri alla mano, la maggioranza senza Fli sarebbe comunque assai risicata. Tradotto: il cammino dell'esecutivo diventerebbe in ogni caso accidentatissimo e costringerebbe i berlusconiani a trattare su ogni tassello. Anche perché, assenze e missioni dei deputati, nonché dei membri del governo che siedono anche in Parlamento, renderebbero sempre difficile assicurare in futuro la stessa maggioranza di domani.
Fin qui le due ipotesi che "salverebbero" la maggioranza. Il terzo scenario è che invece i finiani si mettano di traverso e che il governo non ottenga la fiducia. Si aprirebbe così ufficialmente una crisi dell'esecutivo che costringerebbe Berlusconi a presentarsi al Quirinale. Pdl e Lega hanno già fatto capire che, se venisse meno la maggioranza, vorrebbero andare subito a elezioni, ma il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, sembra di diverso avviso. «Napolitano - spiega al Sole24ore.com Andrea Morrone, ordinario di diritto costituzionale all'Università di Bologna - ha già detto che se ciò accadesse si atterrebbe alla prassi costituzionale. Dunque, prima del ricorso alle urne, verificherebbe l'esistenza di un'altra maggioranza in Parlamento, che sia ovviamente la più vicina a quella uscita dal voto. E, se questa non dovesse esserci, procederebbe a valutare maggioranze diverse». Proprio che ciò Berlusconi teme di più.