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Il crescendo di Di Pietro che fa dialogare Fini e il Cavaliere, Casini cassandra e l'ironia di Bersani

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2010 alle ore 17:59.

Attacca definendolo «uno spregiudicato illusionista», ma il finale è ancora più forte e si chiude con un «lei è uno stupratore della democrazia». Perché l'intervento di Antonio Di Pietro, leader dell'Idv, dopo la replica di Berlusconi, è un crescendo di critiche all'indirizzo del premier. Talmente dure da costringere il presidente della Camera, Gianfranco Fini, a intervenire per chiedere all'ex pm di abbassare i toni. «Onorevole Di Pietro - intima Fini - la prego di usare un linguaggio consono a questa aula». I toni del leader dell'Idv sono però durissimi. «Lei è uno spregiudicato illusionista - esordisce Di Pietro - anzi no, lei è un pregiudicato illusionista».

Ma è solo il primo di una serie di affondi. «Anche oggi - insiste l'ex pm - ha raccontato frottole, il paese fuori di qui muore di fame e lei è venuto qui a suonare l'arpa della felicità come faceva il suo predecessore Nerone, mentre bruciava Roma e rideva come oggi ride lei e i suoi amici barbari padani». Quindi il riferimento alle indagini giudiziarie, e in particolare al filone della P3 che ha sfiorato i vertici del Pdl e l'esecutivo. «Lei - rincara Di Pietro - è il capo piduista della cricca».

Berlusconi prima ascolta senza tradire alcuna emozione. Poi, però, quando le accuse si fanno più dure si volta verso il banco superiore dove siede Fini chiedendogli di intervenire. Il presidente della Camera non si sottrae al suo ruolo di arbitro. «È ammessa ogni espressione - sottolinea Fini - non può essere tollerata l'ingiuria» Ma la replica di Di Pietro è prontissima: «Non è un'ingiuria, è la verità».

L'aula si è nel frattempo trasformata in una bolgia. Alcuni deputati del Pdl guadagnano l'uscita mentre Fini fatica a riportare l'ordine. Sul volto del premier si legge tutta la sua contrarietà tanto che a un certo punto si porta anche il dito alla testa quasi a voler dire a Di Pietro: «Tu sei matto». Ma l'ex pm è una furia. Accusa Berlusconi di essere «bravissimo in
una cosa, comprare il consenso degli alleati e anche degli avversari» e lo bolla poi come «maestro di massoneria deviata», che «cambia le leggi in modo da non far risultare più reato ciò che prima era reato». Una pioggia di epiteti che vanamente Fini non riuscirà a frenare. Ma all'ex pm è intanto riuscita l'impresa: far "dialogare, sebbene per qualche attimo, i due cofondatori del Pdl.

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Poi è la volta del leader dell'Udc, Pierferdinando Casini. I toni sono critici, ma non c'è la durezza che ha contraddistinto l'affondo di Di Pietro. Il numero uno dei centristi, però, non risparmia ironie all'indirizzo del Cavaliere. «Presidente, io le voglio bene lei lo sa, è un mio punto debole, sono buono come lei. Ma oggi è venuto qui e ci ha spiegato che c'è stata una scissione nell'Udc, io pensavo che fossimo qui perché c'era stata una scissione nel Pdl di 35 deputati e 10 senatori... Mi ero sbagliato - scherza Casini - non avevo capito, sono uno sprovveduto».

Quindi parte l'affondo. Casini si dice innanzitutto convinto che i 316 voti necessari per ottenere la maggioranza assoluta, al netto di finiani e Mpa, «non ci saranno, siete distanti». Poi si rivolge al premier auspicando «che si chiuda presto questa stagione caratterizzata dall'odio, dai dossier, da troppi rancori verso istituzioni e verso uomini colpiti anche nei loro affetti più intimi». È la sponda verso Gianfranco Fini coinvolto nell'affaire di Montecarlo. Ma poi avverte: «Se questo paese non cambierà strada noi andremo nel baratro. Dal '94 sono gli stessi buoni propositi, lei - aggiunge Casini guardando verso il banco del governo e verso il Cavaliere - non è al primo giorno di scuola. Se non li ha realizzati la colpa non può essere sempre e solo degli altri. Lei non può essere Alice nel paese delle meraviglie e qui le meraviglie non ci sono».

L'opposizione non fa sconti a Silvio Berlusconi. Non li fa nemmeno il numero uno del Pd, Pierluigi Bersani, che prende la parola dopo Casini. E anche lui, al pari del leader centrista, esordisce con ironia. «Dopo 28 mesi e 36 fiducie - attacca il segretario dei Democrats - finalmente la rivediamo in aula, dopo il periodo del "ghe pensi mì"». «Siete il governo del fare, ma del fare che cosa? - prosegue Bersani -. Abbiate pazienza, presidente. Avete governato sette degli ultimi dieci anni, volete farci il riassunto, non in cinque punti di ribollita, ma in cinque punti veri». Quindi Bersani stigmatizza il ricorso alla fiducia («è la fiducia del cerino perché nessuno vuole la colpa della crisi») e incalza il premier. «Perché non va più a Napoli? Io ci vado domani per vedere il miracolo dei rifiuti. Perché non va più all'Aquila per vedere la ricostruzione? Venga con noi. Lei arrivò con un sogno, ma è diventata una favola dispersa in mille bolle di sapone».

Il leader dei democratici si infervora e bacchetta il Cavaliere. «Lei è l'impresario di questo Paese, sono anni che la politica sta facendo il girotondo intorno a lei». Quindi respinge al mittente le critiche, contro la stampa e l'opposizione, lanciate dal Cavaliere nel corso della sua replica. «Se non succede mai niente di concreto - avverte il segretario Pd - non può essere sempre colpa del nemico: comunisti, opposizione, rom, corte costituzionale. Quanti anni volete governare perché sia colpa vostra?». Insomma, una bocciatura netta anche perché, aggiunge Bersani, «nelle sue parole non c'è comprensione di questo Paese. Non c'è l'Italia, quella vera. Gli italiani sono scontenti, le tensioni sociali si acuiscono, attenzione, e abbiamo un governo che spesso accende i fuochi invece di spegnerli».

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