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Tutti gli errori e le colpe lungo lo sfogatoio-Seveso

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2010 alle ore 10:57.

Eccolo: lo "scolmatore". In tre giorni, a Milano, è diventato più celebre di Ibrahimovic. Nelle pause caffè, fuori dalle edicole, dal panettiere, non si parla d'altro: dopo la piena dello scorso fine settimana, tutti i milanesi sono diventati ingegneri idraulici. La curiosità di vederlo in faccia, questo scolmatore, un po' c'è. Arrivati sul posto, a Paderno Dugnano, la vista però un po' delude. Ci si aspetta il caos. Invece, nessun mistero: l'opera idraulica è lì, ben visibile, sta a pochi passi dalla stazione di Palazzolo. D'altra parte, andare sul "luogo del delitto" in un assolato mercoledì mattina ha lo stesso sapore della partita di calcio all'ora di pranzo. Sa di strano, ci si sente fuori posto.

Dopo la concitazione del sabato sera, ora tutto è tranquillo. Il clima di agitazione si è spostato, è salito di livello: è passato ai piani alti degli uffici comunali, provinciali, regionali. Nel rimpallo nervoso di responsabilità. Ora che l'acqua ha lasciato il posto al fango, ai danni da riparare, agli arbusti spezzati lungo gli argini, resta una certezza: l'attuale struttura di "drenaggio" dell'acqua non è adeguata. E il Seveso si conferma un malato abbandonato da troppo tempo, una soluzione sotterranea per troppi, Milano in testa. Uno sfogo che oggi non è più sufficiente.
Qui a Palazzolo milanese, a pochi passi da un piccolo ponte stradale, c'è una casa cantoniera, un camion, un piccolo mezzo della Provincia di Milano, un'automobile. Il teatro del disastro è tuto qui. L'accesso allo scolmatore è sbarrato da un cancello. Non c'è anima viva, a parte qualche inquilino del condominio che si affaccia proprio sul fiume. Al fianco gli impianti della Clariant, azienda chimica svizzera.
Il maggiore indiziato del gran casino successo giù a Milano, tra viale Fulvio Testi e Niguarda sta su questa sponda del Seveso. Una struttura di cemento e due paratie, di colore verde (una aperta, l'altra manovrata quando serve) che permettono di deviare in un apposito canale l'acqua in eccesso verso un canalone maleodorante. Il canale scolmatore, appunto. Che nella sua corsa verso sud intercetta le acque del Pudiga, del Garbogera, del Guisa, dell'Olona, del Bozzente, del Lura, tutto a cielo aperto. Inizialmente finiva nel Ticino. Ma le polemiche sul fatto che il Seveso (il "fiume nero" nell'immaginario popolare) andasse nel Ticino, dalle acque pulite, hanno portato alla costruzione del deviatore Olona. Un canale che prosegue in tutta la zona Ovest, fino al Lambro meridionale. Il Ticino oggi viene tenuto come sfogo di emergenza, per le situazioni più critiche, molto probabile che sia stato utilizzato nell'ultima piena. La capacità dello scolmatore di Palazzolo è oggi di 30 metri cubi d'acqua al secondo. Solo per un tratto è stato raddoppiato a sessanta.

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Troppo poco, secondo gli esperti, a fronte delle esigenze dei milanesi, quelli che abitano in città. «La struttura era adeguata negli anni Sessanta – spiega Dario Fossati, ingegnere della Regione –, ma oggi un bacino così impermeabilizzato, a causa della presenza di edifici e piazzali esalta i picchi di piena. Quando piove, tutta la rete fognaria della zona raccoglie l'acqua che sta scendendo, e invece di farla filtrare nel sottosuolo, la convoglia al sistema principale di smaltimento, che è il corso d'acqua». Il Seveso non ce la fa. Servirebbero almeno 60 mc, come già prevedono i progetti. In aggiunta, non guasterebbe una vasca di "laminazione": in grado, cioè, di accogliere temporaneamente l'acqua in eccesso durante le piene. Si è parlato di costruire qualcosa a Senago, qui vicino, ma tutto è bloccato: e da Milano il vicesindaco De Corato ha già stigmatizzato la scarsa sensibilità dei comuni della Brianza. Qui a Palazzolo dicono che sabato scorso, in poco meno di 4 ore, l'acqua del Seveso ha raggiunto 3 metri e 27 centimetri di altezza. L'evento di sabato, assicurano gli esperti, è stato particolarmente intenso: c'è chi parla di una portata centennale, nel senso che non si è mai vista, nell'ultimo secolo, tanta acqua tutta in una volta. Ma è solo statistica: «I numeri non danno nessuna garanzia – precisa Fossati – sul fatto che domani, per esempio, non si possa manifestare una situazione analoga».

Tutti con le dita incrociate, allora. Intanto il Seveso continua a scorrere: passa a cielo aperto attraverso Paderno Dugnano, Bresso, Cusano Milanino, Cormano. E lì raccoglie acqua. Dopo Cormano il fiume scompare sotto terra, "tombinato", e abbandona la scena a favore di case, supermercati, strade ferrate, distributori di benzina. Ma non è una resa incondizionata. Se imbarca troppa acqua, il Seveso rigurgita. I tecnici usano proprio questo termine, come se si trattasse di un bambino che ha ingerito troppo cibo. Così ingozzato, il fiume torna in superficie, a ricordare la sua esistenza, cerca spazio nei tombini. Qui a Niguarda, a due passi dal capolinea dei jumbo tram, l'ingresso è ben dimensionato, in grado di accogliere circa 70-80 mc al secondo: un bel buco nero. Per il Demanio questo alveo, che sarà presto ceduto ex lege alla Regione, vale 2,079 milioni di euro. Proprio da qui iniziano i problemi maggiori: ci sono le strozzature, si passa per viale Fulvio Testi, piazzale Istria, e lì sotto ci sono sezioni anche da 40 metri cubi, fino ad arrivare in Melchiorre Gioia. Qui il fiume si immette nella Martesana e prosegue il suo attraversamento della città nel sottosuolo. Fino al Redefossi, che faceva già da scolmatore per le esondazioni a Porta Romana, Porta Vittoria, Porta Lodovica. Ma questo era il passato. Con il 2015 alle porte, ora è il futuro che fa paura.

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