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Questo articolo è stato pubblicato il 04 ottobre 2010 alle ore 13:59.
Dal 9 ottobre la Cina cambia sistema pensionistico. Secondo quanto riferisce il Beijing News, i cittadini del più popoloso stato del pianeta (1,3 miliardi di abitanti, concentrati prevalentemente nelle regioni orientali) potranno scegliere di posticipare il pensionamento a 65 anni (per gli uomini) e a 60 (per le donne). La riforma riguarda tuttavia solo le imprese private mentre per i lavoratori statali rimarrà in vigore il vecchio sistema. Al momento, l'età per il pensionamento è fissata a 60 anni per gli uomini e a 55 per le donne. «La riforma - spiega Bao Denru, vicedirettore della Commissione per la Sicurezza Sociale di Shanghai - cerca di venire incontro alle necessità delle persone. Lascia la libertà a chi vuole di continuare a lavorare ancora e a chi invece vuole andare in pensione di poterlo fare».
La riforma delle pensioni in Cina segue quella francese (che ha innalzato l'età pensionabile da 60 a 62 anni) suscitando malcontenti popolari. Secondo quanto riferisce la stampa locale cinese, la decisione di portare avanti una riforma di questo genere è derivata anche dai fondi per le pensioni che sono diventati insufficienti. Zheng Bingwen, dell'Accademia cinese di Scienze Sociali, ha dichiarato che il deficit dei fondi da destinare alle pensioni ha raggiunto in Cina i 200 miliardi di dollari ed è destinato persino ad aumentare per il futuro. Secondo alcuni analisti, tuttavia, posticipare l'eta per il pensionamento non serve a risolvere il problema, ma semmai solo a ritardarne gli effetti. Sono poi in molti a criticare il nuovo sistema sostenendo che, consentendo a persone avanti negli anni di continuare a lavorare, sottrae posti di lavoro alle nuove generazioni.
In base le ultime indicazioni del governo di Pechino nel 2010 il Pil cinese dovrebbe crescere del 9,5%, in rialzo rispetto al +9,1% del 2009.
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