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Crescono le avances del Pd verso Casini, ma i centristi si fanno desiderare

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2010 alle ore 17:57.

Raccontano, dall'entourage di Pier Ferdinando Casini, che le avances di Silvio Berlusconi verso il leader dell'Udc sono finite da un pezzo. Ma non quelle all'indirizzo dell'elettorato cattolico cui il premier ha strizzato l'occhio annunciando ieri il varo, nei prossimi mesi, di «un piano per la vita, un insieme di misure per favorire la natalità e le famiglie italiane». «Da quella parte - ammette un uomo vicino al numero uno dei centristi con il Sole24ore.com - ormai è calma piatta». Tutta colpa del tradimento messo in atto dal blocco cuffariano: i quattro deputati siciliani (Romano, Mannino, Ruvolo e Drago) e il campano Pisacane che si sono smarcati da Casini e hanno fondato "Italia Domani". Non dopo esser stati corteggiati dal Cavaliere e aver votato la fiducia al governo sancendo così il definitivo divorzio dall'Udc.

Una mossa che ha raffreddato d'un colpo i rapporti tra Berlusconi e Casini. Che pure era stato oggetto di un corteggiamento insistente da parte del premier, il quale era perfino arrivato a promettergli il ministero dello Sviluppo economico e diverse poltrone pur di indurlo a tornare sotto la sua ala protettiva. Ma il leader Udc non si è fatto convincere dalle sirene berlusconiane.

Così è partito un forte pressing anche dai democratici che più volte sono arrivati a ipotizzare un'alleanza con Casini in chiave anti Cavaliere. E ieri il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, è tornato a pressare il numero uno dei centristi perché decida con chi schierarsi. «In caso di voto immagino la formazione di un nuovo Ulivo con forze di centrosinistra che vogliono determinare una coalizione di governo - ha spiegato ieri il numero uno dei democrats -. Lancerò una proposta all'Udc e a tutte le forze dell'opposizione».

Insomma, un invito chiarissimo a superare le divergenze e ad allearsi. Ma dai centristi non è giunta alcuna risposta e il silenzio non è affatto casuale. Perché Casini non vuole dare alcun vantaggio a Berlusconi, è il ragionamento che viene fatto in casa centrista. Se infatti decidesse oggi di rompere gli indugi accogliendo l'appello di Bersani libererebbe una prateria di potenziali consensi al centro e soprattutto rischierebbe di alienarsi molti elettori. Che mal comprenderebbero la scelta di entrare in una coalizione in cui potrebbero trovare spazio anche Antonio Di Pietro e Nichi Vendola.

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Meglio dunque non scoprirsi in questa fase, tant'è che Casini ha smesso perfino di agitare il fantasma della legge elettorale dopo aver ottenuto l'effetto desiderato: indurre Berlusconi ad andare avanti e a non farsi condizionare dall'opzione voto anticipato tanto cara alla Lega. «Se Casini dicesse sì a Bersani, Berlusconi gongolerebbe e avvierebbe la caccia al voto moderato», è l'analisi raccolta dal Sole24ore.com in ambienti centristi. La linea dunque, almeno ufficialmente, resta quella che il leader dell'Udc, fissò a Labro, alla festa dell'Api di Rutelli. «Se oggi si votasse - aveva detto Casini- sarei per andare da solo». Domani, invece, è un altro giorno. (Celestina Dominelli)

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